Come proteggere i minori dai rischi dei Social Media

Social media e intelligenza artificiale stanno rivoluzionando le nostre vite, soprattutto quelle dei minori, che sono particolarmente vulnerabili. Queste tecnologie offrono opportunità straordinarie, ma nascondono insidie che è essenziale conoscere e imparare a gestire. I genitori e gli educatori devono assumere un ruolo proattivo, guidando i giovani a un uso critico e responsabile di questi nuovi strumenti. Anche i governi stanno intervenendo: l'Unione Europea, ad esempio, ha introdotto il regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) e nuove normative per tutelare la privacy e la sicurezza dei minori online.

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24 May, 2024

Nei mesi scorsi, avevamo già avuto modo di esplorare i rischi e i benefici della trasformazione tecnologica in articoli come L’Era postumana è arrivata: i superpoteri che comportano grandi responsabilità.

Ora, con questo articolo, ci addentriamo nelle nuove legislazioni e nel panorama attuale, esaminando sia le misure legali sia le azioni concrete che possiamo intraprendere per proteggere noi stessi e i nostri figli.

Il lato oscuro dei Social: Una minaccia reale per la salute mentale dei più giovani

Una recente azione legale, intrapresa dalla Città di New York, dal Distretto Scolastico di New York e dalla New York City Health and Hospitals Corporation contro i giganti dei social media solleva gravi preoccupazioni. Il 14 febbraio 2024, con un atto di citazione presso la Superior Court della California, queste istituzioni hanno accusato Meta Platforms, Facebook Holdings, Instagram, Snap Inc, TikTok, Bytedance, Google e YouTube di aver progettato deliberatamente le loro piattaforme per sfruttare la vulnerabilità di bambini e adolescenti.

L’Accusa sostiene che queste aziende abbiano integrato nei loro algoritmi funzionalità capaci di generare comportamenti compulsivi e dipendenza, senza informare adeguatamente gli utenti dei rischi connessi all’uso prolungato dei loro servizi. Il documento legale, di oltre trecento pagine, afferma che l’uso compulsivo dei social media abbia provocato danni permanenti alla salute pubblica, all’ordine sociale e al benessere psicofisico della cittadinanza di New York. È stato provato che le piattaforme digitali, progettate per mantenere l’attenzione degli utenti il più a lungo possibile, abbiano causato un aumento dei casi di ansia, depressione e altri disturbi psicologici tra i giovani, compromettendo gravemente la loro salute mentale e la loro capacità di concentrazione.

La causa punta a ottenere un ordine del giudice per fermare le pratiche dannose di queste piattaforme, prevenire future violazioni e assicurare il risarcimento per i danni subiti. I querelanti chiedono inoltre che i fondi derivanti dai danni punitivi siano destinati all’educazione preventiva sull’uso dei social media e al trattamento riabilitativo per le vittime di dipendenza e disturbi psicologici.

Secondo gli avvocati della Città di New York, queste aziende mirano deliberatamente ai bambini in età scolare, sfruttandone la vulnerabilità per aumentare l’uso compulsivo delle loro piattaforme e, di conseguenza, i profitti. L’accusa descrive un quadro inquietante degli effetti dell’uso incontrollato dei social media, in particolare per i minori di 13 anni, i cui dati personali non dovrebbero essere trattati senza il controllo dei genitori. La mancanza di adeguate misure di vigilanza consente a questi giovani utenti di accedere massivamente alle piattaforme, diventando fortemente dipendenti e suscettibili ai messaggi pubblicitari profilati.

Ansia, depressione e autolesionismo legati alla ricerca di riconoscimento sociale

Gli studi scientifici recenti evidenziano l’improprio coinvolgimento degli adolescenti nell’uso sfrenato dei social media, con particolare attenzione al funzionamento dell’apparato cerebrale. La conformazione non completamente sviluppata della corteccia prefrontale renderebbe infatti i giovani particolarmente vulnerabili, con maggiori difficoltà nel prevenire atti impulsivi e nel regolare le risposte emotive agli stimoli provenienti dai social media.

L’uso sistematico e incontrollato dei social media da parte degli adolescenti, spesso studenti delle scuole primarie, genera inoltre in loro un forte desiderio di ottenere riconoscimento per i propri post e azioni online. Questo riconoscimento, espresso attraverso “like” e altri segni di approvazione, provoca il rilascio di dopamina e ossitocina, noti come “ormoni felici”. Tuttavia, quando questi gesti di approvazione vengono a mancare, i giovani utenti sperimentano ansia e depressione. L’intensità della mancanza di riconoscimento e quindi la diminuzione di dopamina aggravano i sintomi, portando a sofferenza, alterazioni dell’umore e irritabilità.

Effetti a lungo termine derivanti dall’uso incontrollato dei Social

Questi effetti, a lungo termine, possono interferire con lo sviluppo corretto della corteccia cerebrale, influenzando negativamente la memoria, il ragionamento, la capacità di pianificazione, l’attenzione, il controllo degli impulsi e la valutazione del rischio. I fattori descritti, che incidono sul funzionamento cerebrale dei giovani ancora in fase di sviluppo, sarebbero stati generati consapevolmente dai creatori degli algoritmi e delle funzionalità dei social media. Questo design intenzionale rende difficile per gli adolescenti e i loro genitori controllare gli stimoli negativi che influenzano il comportamento.

Inoltre, la struttura attuale dei social media promuove una competizione sfrenata tra i giovani utenti, peggiorando ulteriormente la loro salute mentale sul lungo periodo. Questo ambiente competitivo può favorire comportamenti come disordini alimentari e sintomi di depressione, che nel tempo possono condurre anche all’autolesionismo. Secondo un’indagine dell’American Academy of Pediatrics, i casi di autolesionismo tra gli adolescenti sono aumentati del 70% negli ultimi cinque anni, in correlazione con l’uso dei social media; mentre l’American Psychological Association ha rilevato che il 45% degli adolescenti che utilizzano i social media per più di tre ore al giorno mostra sintomi di depressione correlati alla pressione per ottenere consensi e popolarità.

Mancanza di controllo dell’età sui Social Media: una falla del sistema

La mancanza di un sistema efficace di verifica dell’età sui social media permette agli adolescenti di utilizzare queste piattaforme senza supervisione, esponendoli a rischi significativi. Nonostante le politiche ufficiali impongano limiti di età, i controlli sono facilmente aggirabili, consentendo anche ai minori di 13 anni di accedere ai servizi.

Una ricerca del Pew Research Center del 2022 ha rilevato che il 95% degli adolescenti tra i 13 e i 17 anni utilizza regolarmente i social media, con quasi il 50% che afferma di essere “online quasi costantemente”. Questo uso compulsivo è alimentato dai sistemi di “riconoscimento individuale intermittente” (IVR), progettati per mantenere gli utenti costantemente collegati alle loro pagine web. L’uso incontrollato dei social media durante l’orario scolastico rappresenta un altro problema crescente. Uno studio del Common Sense Media del 2021 ha evidenziato che il 59% degli studenti delle scuole superiori utilizza il telefono durante le lezioni, spesso per accedere ai social media, distraendosi dallo studio e aumentando la dipendenza dai dispositivi.

Regole sull’accesso dei minori ai Social Media

Le normative riguardanti l’accesso dei minori ai social network sono in evoluzione e sollevano questioni complesse sulla protezione dei dati e la responsabilità genitoriale. L’art. 8 del Regolamento UE 2016/679 (GDPR) stabilisce che i minori possono esprimere un consenso valido al trattamento dei dati personali solo se hanno compiuto almeno 16 anni. Al di sotto di questa età, il consenso è valido solo se autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale. Tuttavia, il GDPR consente agli Stati membri di abbassare questa soglia, purché non sia inferiore a 13 anni. In Italia, ad esempio, la soglia è fissata a 14 anni, mentre negli Stati Uniti il Children’s Online Privacy Protection Act (COPPA) stabilisce l’età del consenso digitale a 13 anni.

Nonostante queste regole, esistono ambiguità e lacune nella loro applicazione. La normativa europea mantiene valide le leggi nazionali sulla capacità di concludere contratti, fissando in Italia questo limite a 18 anni. Pertanto, se l’adesione a un social network fosse considerata un contratto, i minori non potrebbero iscriversi senza il consenso dei genitori. Il Garante per l’infanzia e l’adolescenza sostiene che l’iscrizione ai social dovrebbe avvenire solo al raggiungimento della maggiore età, poiché comporta la cessione di dati personali a fini di marketing.

Tuttavia, le piattaforme social hanno stabilito soglie minime di età inferiori ai 18 anni per l’iscrizione, suggerendo che aprire un account non equivalga a concludere un contratto. Questa interpretazione permette ai minori di registrarsi autonomamente a partire dall’età del consenso digitale, ma solleva dubbi sull’efficacia dei controlli di età.

IA e nuove tecnologie per la protezione dei minori online

Le piattaforme digitali hanno iniziato a implementare nuove tecnologie, come algoritmi di intelligenza artificiale, per verificare l’età degli utenti e bloccare l’accesso ai minori di 13 anni. Tuttavia, questi sistemi sono ancora imperfetti e spesso aggirabili. La revisione degli algoritmi per impedire l’amplificazione di contenuti dannosi è una delle misure che stanno prendendo piede, sia in Europa che negli Stati Uniti. Ad esempio, contenuti come consigli su diete estreme o comportamenti pericolosi sono sotto stretta sorveglianza per proteggere i minori.

Nonostante queste iniziative, la tecnologia da sola non è sufficiente. È essenziale un approccio integrato che coinvolga genitori, educatori e legislatori per garantire un uso sicuro e responsabile dei social media da parte dei minori. Educare i giovani sui rischi del digitale e promuovere una cultura della sicurezza online sono passi fondamentali per affrontare questa sfida complessa e in continua evoluzione.

Educare per proteggere

La tragica morte della tiktoker cinese Xiao Qiumei, caduta da una gru mentre era in diretta sui social, ha sollevato il velo su un problema crescente: la pericolosità dei comportamenti estremi incentivati dalle piattaforme digitali. Con oltre 100.000 follower, Xiao Qiumei aveva costruito la sua fama attraverso attività rischiose, le stesse che le sono costate la vita. Questo non è un caso isolato: negli ultimi due anni, diversi giovani, compresi alcuni italiani, sono morti in incidenti stradali mentre erano in live su Instagram o durante selfie pericolosi in luoghi panoramici. Questi tragici eventi evidenziano la necessità urgente di proteggere i minori nel cyberspazio. Le regolamentazioni attuali sono insufficienti e l’assenza di un efficace sistema di verifica dell’età aggrava ulteriormente il problema. La risposta a questa crisi non può essere solo tecnologica. Sebbene i legislatori stiano spingendo per una revisione degli algoritmi per impedire l’amplificazione di contenuti dannosi, l’educazione genitoriale e scolastica rimane fondamentale. I genitori devono svolgere un ruolo chiave, impostando le privacy, verificando le fonti, rispettando la netiquette e limitando il tempo di schermo. Inoltre, è cruciale cooperare con altri educatori per garantire un uso critico e responsabile delle tecnologie digitali.

Un algoritmo può migliorare e rendere più sicure le nostre vite, ma non può sostituire l’elemento umano.

Nuove misure di sicurezza sui Social Media: progresso o insufficienza?

Negli ultimi mesi, i principali social network hanno introdotto nuove misure per proteggere i minori, ma queste iniziative sono al centro di intense polemiche. YouTube, ad esempio, ha modificato le impostazioni di privacy per i video caricati dai minori di 18 anni, rendendoli visibili solo a un pubblico ristretto. TikTok ha annunciato che smetterà di inviare notifiche agli adolescenti durante la notte, nel tentativo di ridurre la dipendenza dall’app e promuovere un sonno più sano. Facebook e Google hanno implementato restrizioni più severe sulle modalità con cui gli inserzionisti possono profilare i minori. Recentemente, Instagram ha introdotto la funzione “prendi una pausa” per aiutare gli utenti più giovani a limitare il tempo trascorso online, simile alla funzione di TikTok che appare quando l’uso dell’app diventa eccessivo. Nonostante le buone intenzioni di queste iniziative, i legislatori statunitensi le ritengono insufficienti. Durante un’audizione della sottocommissione del Senato sulla protezione dei consumatori, sono emersi dati preoccupanti da un documento interno di Facebook, che dimostrano come Instagram abbia avuto effetti tossici su alcuni adolescenti, aggravando problemi di autostima e benessere psicologico. Secondo uno studio interno, il 32% delle ragazze adolescenti ha dichiarato che l’uso di Instagram ha peggiorato la percezione del proprio corpo.

Gli esperti chiedono trasparenza da parte delle piattaforme social, sollecitando la condivisione dei dati con i ricercatori per esaminare meglio i sistemi di classificazione algoritmica. Inoltre, c’è una crescente pressione per leggi che garantiscano una maggiore privacy e protezioni di sicurezza per i minori online. Le nuove misure adottate dai social media rappresentano un passo avanti, ma non sono sufficienti per affrontare i rischi complessi e in continua evoluzione.

L’adozione di nuove tecnologie e l’implementazione di algoritmi avanzati rappresentano passi importanti per proteggere i minori dai pericoli dei social media. Tuttavia, come abbiamo visto, la tecnologia da sola non basta. È essenziale un approccio integrato che combini regolamentazione rigorosa, innovazione tecnologica e un’educazione consapevole. La sicurezza online dei più piccoli dipende dalla collaborazione tra genitori, educatori, legislatori e piattaforme digitali.