Evoluzioni e nuovi insight nel mercato della craft beer: ne parliamo con la Biersommelier Monica Di Loxley

Abbiamo incontrato Monica Di Loxley, all’anagrafe Monica Simionato, una delle poche Biersommelier italiane, da quasi un decennio immersa nell’affascinante mondo della comunicazione e del marketing legato alla produzione, distribuzione e consumo di birra artigianale.

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25 July, 2023

L’industry del food & beverage ci ha sempre appassionato, vista e considerata anche l’ampia expertise di agenzia maturata in questi anni con aziende e brand del settore. Oggi, sia come consumatori che come marketer, amiamo indagare con gli addetti ai lavori su big e small data presenti all’interno del mercato e su nuovi insights che stanno spostando comportamenti, preferenze e consumi.

Abbiamo avuto il piacere di conoscere Monica fuori dagli ambiti lavorativi ma ben presto ci siamo trovati a confrontarci con lei in maniera seria sul suo lavoro e il suo ampio raggio d’azione. Ad un certo punto la conversazione ha preso una strada così interessante che ci sembrava d’obbligo condividerla con voi la nostra esplorazione.

Ciao Monica, ci racconti come nasce la tua passione per il mondo della birra e per tutto il settore food & beverage in generale?

Ho iniziato a lavorare fin da ragazzina in bar, pub e ristoranti, e da subito il settore ha iniziato ad interessarmi: dal cibo al buon bere, fino a tutta la cultura gastronomica. Così, anche ispirata da mio fratello Alberto (che all’epoca ha studiato per diventare pasticciere e panificatore, e oggi è direttore della Chocolate Academy di Milano) mi sono iscritta all’istituto alberghiero di Castelfranco Veneto.

A scuola ho conosciuto Davide Salvalaio (per molti “Sax”) che tempo dopo è diventato mio compagno. Lui è un grande professionista con un Master in tecnologie birrarie, sempre alla ricerca dell’eccellenza in quello che fa, e il suo fuoco ha acceso la mia scintilla. Possiamo dire che mi ha trascinato nel mondo della birra dopo la mia laurea e dopo anni di lavoro nel settore del food & beverage.

Mi sono trovata subito bene in questo ambiente e in maniera naturale ho iniziato a specializzarmi all’interno di questo settore. Avevo ricevuto una borsa di studio per un Master in Marketing ed Enologia, ma ero già grandicella, avendo iniziato l’Università nel 2011 (sono classe ’86). Ho preferito accettare di trasferirmi da Montalcino a Riccione, dove ho iniziato a lavorare per una grande famiglia di imprenditori nel settore delle birra, come Target2000.

Ci racconteresti quelle che sono state le tappe salienti della tua carriera?

Diploma all’Istituto Alberghiero, laurea in Scienze e Cultura della Gastronomia e della Ristorazione nel 2014 e a cavallo l’esperienza in cantina vinicola a Montalcino. Nel 2015 inizio nel settore della birra insieme a Birra Amarcord (al SIGEP di Rimini), nel 2016 ottengo il diploma di Beer Sommelier all’accademia Doemens di Monaco. A seguire, vari corsi negli ultimi 10 anni, sempre a tema marketing e comunicazione (l’ultimo in E-commerce Management in SDA Bocconi).
Nel 2019 collaboro in veste di Social Media Manager con un distributore di birre artigianali di Denver, Colorado e poco dopo sbarco in CRAK, mentre nel 2021 inizio a collaborare con CERB. Nel 2022 inizio in AEB a tempo pieno. Sì, mi sono spesso trovata ad avere più collaborazioni che mi hanno reso flessibile e attenta, oltre che abbastanza multitasking!

Che spazio si è ritagliata la craft beer sul mercato negli ultimi anni in Italia e quali paesi in Europa sono maggiormente rappresentativi della crescita di consumo ed evoluzione del settore?

Lenta, ragionevole crescita. I litri pro-capite sono circa 33 in Italia, in volume il mercato della birra artigianale arriva a poco meno del 5%, con 700 birrifici e 1000 marchi italiani. Ma quando parliamo di Paesi legati al mondo craft non possiamo non parlare degli USA. O ancor meglio, non passiamo non parlare in ottica globale. Quindi mi allargo. 

Dopo un 2019 e un 2020 difficili, nel 2021 le vendite di birra artigianale al dettaglio sono aumentate di ben il 21%, raggiungendo 26,8 miliardi di dollari, pari a poco meno del 27% dei 100 miliardi di dollari del mercato della birra statunitense (9500 birrifici nel 2021 – 550 aperture e 200 chiusure). Secondo uno studio della Worldwide Brewing Alliance, la birra è la bevanda alcolica più consumata a livello globale e la terza bevanda più consumata dopo acqua e tè, ma chiaramente si parla di birre mainstream che da un lato spingono i volumi, dall’altro lievemente accendono un interesse per le specialità, avvicinando qualche consumatore al mondo craft.

Il 2023 sembra essere un anno di reset per molti produttori di birra. Che cosa significa?

Dopo aver evitato locali e pub, sempre più persone tornano a frequentare ristoranti e bar e ad acquistare birra artigianale. La nuova normalità, tuttavia, potrebbe includere una maggiore concorrenza e alcune sfide nuove e vecchie. Dico USA, Brasile, Cina, India (forse quest’ultima molto più industriale) e in Europa un occhio puntato sempre al Nord. Più che alla ricerca di crescita come volume e valore, si intende a livello di fermento e come Paesi da tenere sotto controllo a livello di innovazione.

Quali sono stati i fattori chiave di questa ascesa e come la comunicazione ha contribuito al fenomeno?

Sicuramente un’attenzione crescente al (buon) gusto, alle seppur piccole crescite delle nicchie artigianali in genere, che hanno coinvolto molti settori del food & beverage, al consumatore fluido, ai distributori di birra che hanno investito e creduto nel movimento craft, al local e la ricerca del km0, che preferisco leggere come supporto dei produttori locali, il “fa figo”, le birre sugli scaffali dei supermercati (possibilmente in frigo).

La comunicazione poi ha fatto tantissimo. Dai social, alle etichette bellissime, ai reel informativi, ai festival birrai, ai locali specializzati che hanno davvero fatto la differenza. Per non parlare degli e-commerce, che grazie alla pandemia hanno rafforzato e avvicinato le piccole realtà al digitale.

Come è composto il pubblico online che segue queste tematiche? Come stanno cambiando in questi anni i target di consumo?

Eterogeneo, seppur con  ampio raggio maschile, dai 20 fino a 45 anni. I target cambiano seguendo sicuramente le nuove generazioni alla guida o comunque la generazione che si affaccia al mercato, che in primis guarda al gusto, all’esperienza, all’immagine. Ma anche a tematiche di salute, sostenibilità e circolarità e inclusività, che fortunatamente sembrano essere temi condivisi per la maggior parte dei settori. Quindi l’appello è quello di togliersi la maschera, qualunque essa sia, e se serve operare sane riforme.

Qual è la content strategy più adeguata per intercettare l’attenzione (e la fiducia) del pubblico?

Personalmente, non credo che ci sia la bacchetta magica universale che va bene per ogni azienda. Tuttavia sono fermamente convinta che trovare ciò che ci rende unici (per davvero, non la “passione e le materie prime di qualità”) ci renda davvero unici anche agli occhi del mercato, passatemi il gioco di parole. Essere quindi sé stessi e trovare ciò che rende unico e riconoscibile il sé aziendale (che talvolta è molto legato al sé personale, poiché si parla di un singolo imprenditore).

Ti trovi spesso a muoverti a fiere ed eventi del settore anche a livello internazionale. Come cambiano i mercati all’estero? Quali sono gli approcci alla comunicazione nei confronti di un target diverso da quello italiano?

In realtà non mi muovo molto, a parte gli eventi italiani e qualche happening europeo; attualmente sono parte attiva e supporto alle consociate per fiere ed eventi che rimangono sempre un punto importante di condivisione, conoscenza, confronto. Gli eventi in generale sono solidificatori di rapporti: in un mondo digitale, riuscire a sentire emozioni e vivere nelle parole vis-à-vis la professionalità, la serietà e la spinta emotiva motore, è ancora impagabile. Il rapporto umano rimane sempre un punto fondante del business!

La tua recente esperienza in Scozia da Brewdog è sicuramente stata un momento ricco di spunti e analisi per una realtà così rappresentativa del fenomeno craft ma anche una azienda che negli anni ha fatto discutere per i suoi approcci. Cosa puoi dirci su questa esperienza e cosa ha cambiato o confermato sul tuo punto di vista riguardo Brewdog, le sue strategie di comunicazione e/o i suoi prodotti?

Ho ricevuto delle critiche per la mia partecipazione all’evento dedicato agli influencer europei, per motivi legati ad alcuni casi legati ad alcune dinamiche poco trasparenti rispetto alle risorse umane e alle attività di marketing dell’azienda

Credo di essere una persona onesta e modesta, e non ho nulla da nascondere. Sono a conoscenza di questi fatti, anche da ex dipendenti. Ho infatti posto due premesse alla community, proprio prima della mia partenza: curiosità nel vedere da vicino e conoscere in prima persona i fondatori di quella che è stata una delle più grandi aziende del mondo craft mondiale, e approfittare di un viaggio gratis. E sono lieta di aver partecipato. Anzi, se mi invitassero di nuovo ci tornerei, perché oltre ad avere dati e feedback diretti dell’azienda, mi sono potuta confrontare con operatori del settore europeo su tematiche comuni ma geograficamente distanti.

Voglio ricordare che la mia carriera è iniziata all’interno di un birrificio NON artigianale: fin da principio sono stata poco considerata, e talvolta denigrata per questo. Io devo moltissimo a Birra Amarcord e alla famiglia Bagli e ho immensa stima verso Andrea ed Elena. Pensare che nel grande non ci sia spazio per l’apprendimento, è pensiero piccolo.

Brewdog è sicuramente un marchio controverso e ci sono esempi di aziende più virtuose. Tuttavia, come in ogni luogo, c’è molto da osservare e imparare! È stato un momento di grande condivisione, ho stretto amicizie con giornalisti, blogger e professionisti del settore coi quali ci siamo confrontati sulle tematiche del settore brassicolo dei nostri Paesi, dal problema della scarsità delle materie prime, alla gestione dei canali social. Nello specifico, durante le visite e i momenti con Martin, nel birrificio ho visto concretamente due homebrewer trasformati in imprenditori attenti al mercato, ai grandi player anche di altri settori, ai trend e ai consumi, all’innovazione, alla diversificazione di un marchio.

Il prezzo della birra artigianale incide molto sui consumatori che non conoscono il prodotto e che faticano ad accettare giustificazioni legate a costi materia prima e dimensioni aziende che producono nell’ambito artigianale. In che modo la comunicazione può aiutare questo ostacolo per i player del settore craft e come viene affrontato il tema fuori dall’Italia?

Credo che il prezzo al pubblico sia veramente l’ultimo problema per i birrifici artigianali. In Horeca puoi trovare industriali vendute a 12€ al litro. Parlo di locali chic, ristoranti, night club e discoteche, ma anche di pizzerie. 6€ una 40cl, che è spesso lo stesso PAP (prezzo al pubblico) che puoi avere in locali specializzati in birra artigianale. E la gente compra, e beve. Di che cosa stiamo parlando? Non di prezzo ma di valore!

Sono convinta che la buona e sana comunicazione (assieme alla serietà dei produttori), col tempo, aiuterà la crescita della nicchia della birra artigianale dando il giusto Valore al prodotto finale.

In AEB Group rivesti il ruolo di Communication Lead for Beer e Next Beverages, cosa significa lavorare nel settore della comunicazione per una realtà così grande e che visione di mercato europea ha apportato questo ruolo? Quali orizzonti di prodotti ed evoluzioni di scelte di consumo si stanno affacciando nel mercato?

Significa dover correre! È difficile seguire e servire tutti i mercati (15 consociate, in tutti i continenti) che sono a diversi livelli, con portafogli prodotti diversi, con team diverso. 

Essere elastici, aperti e proattivi (per quanto possibile) e conoscere il mercato e il linguaggio, oltre ai player. È tosto, sicuramente, non nascondo di sentirmi sopraffatta talvolta.

Chiaramente sono supportata da altri grandi professionisti che in giro per il mondo mi aiutano a vedere la realtà nella sua complessità globale, fornendomi la consapevolezza del fatto che ciò che accade in un Paese, si riflette prima o poi in tutti.

Nel mio piccolo posso notare che le produzioni guardano chiaramente quelli che sono i trend del mercato, come ad esempio alimenti funzionali, prodotti senza alcol, creatività, gusto che incontra salute, produzioni che si mescolano ad altre per far nascere prodotti ibridi in grado di sopravvivere in un mercato turbolento. Nascono di continuo stili rinnovati che si avvicinano a palati nuovi e vecchi (e nei vecchi mi ci metto anche io), sperimentando anche con nuovi prodotti (come ad esempio il sidro), ibridi, e del territorio.

Ma soprattutto, una delle più grandi sfide contemporanee è legata alle problematiche di reperibilità di materie prime. Questa mancanza colpisce chiaramente e proporzionalmente le lieviterie, insieme alla crisi energetica (che colpisce anche i birrifici), oltre ai produttori di orzo e di luppolo che affrontano la crisi climatica. Dal mio punto di vista si tratta di ottimizzare, su tutti i livelli, e trovare soluzioni sostenibili. 

Direi quindi attenzione alla salute, sostenibilità e circolarità.

Chi è Monica Di Loxley

Monica ha conseguito una laurea in Scienze e Cultura della Gastronomia e della Ristorazione (Università di Padova), il diploma di Beer Sommelier (Accademia Doemens, Monaco di Baviera) e uno in Marketing e Comunicazione (24 Ore Business School).

Ho lavorato per produttori, importatori e distributori di birra artigianale. Si è occupata di marketing e comunicazione lavorando per Target 2000, Birra Amarcord, Bad Brewer, Cantina della Birra, CRAK Brewery, Cobex Italia (importatore di birre artigianali del Colorado).

Oltre a questo, si occupa anche formazione ed educazione birraria per Iscom Emilia Romagna, Cescot Rimini e Accademia delle Professioni (Padova), e ho scritto di birra per alcune riviste specializzate.

Ha un’ottima visione e comprensione del comparto birra nel suo insieme, e da anni ne parla attraverso il suo blog The Italian Craft Beer e il suo account Instagram.

Attualmente lavora per AEB Group come digital marketing specialist per i settori Birra e Next Beverages (Sidro, Kombucha, Hard Seltzer, vini dealcolizzati, e tuttecose) e collabora occasionalmente con il CERB dell’Università di Perugia, occupandosi dei corsi di marketing e comunicazione nel settore della birra.