Homo Deus. Alla ricerca dell’immortalità digitale

L'essere umano sogna da sempre l’immortalità, e con lo sviluppo delle nuove tecnologie questa sfida sembra essere un po' più vicina al traguardo. Ma cosa significa essere immortali e quale impatto avrebbe sulla nostra società?

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01 June, 2023

In un mondo dove la morte sembra essere l’unica costante immutabile, molti scrittori e artisti hanno sfidato l’ineluttabilità del destino, immaginando un futuro in cui l’immortalità è possibile. Primo fra tutti, Isaac Asimov, che ha spesso affrontato il tema nelle sue opere, tra cui: “L’ultimo uomo”, un racconto pubblicato per la prima volta nel 1955, in cui un individuo che ha ottenuto l’immortalità si ritrova a dover affrontare la solitudine e l’alienazione della vita eterna. 

Un altro esempio letterario è il libro “Homo Deus: Breve storia del futuro”, pubblicato dallo studioso israeliano Yuval Noah Harari nel 2015. In questo romanzo, Harari spiega dettagliatamente come l’immortalità umana potrebbe influenzare la società, la politica e l’economia, nel bene e nel male. “Homo Deus” e molte altre opere di fantascienza hanno avuto un impatto significativo sull’immaginario collettivo, generando il concetto di amortalità: la possibilità di estendere la vita umana, indefinitamente, o meglio, fino a quanto è possibile farlo. Quest’idea ha portato alla nascita di un nuovo campo di ricerca scientifica, la biogerontologia.

Ma quali sono le nuove tecnologie che potrebbero portarci verso l’immortalità? Alcune delle tecniche più promettenti sembrano essere la criopreservazione, la terapia genica e la nanotecnologia, e infine la più recente ambizione del Mind Uploading, che consiste nella possibilità di trasferire la propria mente… in un disco rigido.

Il Mind Uploading: la coscienza umana sotto forma di dati. 

Il rapido sviluppo di un’intelligenza artificiale in grado di imitare il comportamento umano sta costringendo l’umanità a ripensare alla propria unicità e al monopolio della conoscenza come specie, ma anche a tentare di abbattere i più inviolabili confini. Sono in molti ora a chiedersi se sia possibile trasferire il contenuto del proprio cervello, comprese emozioni e coscienza, in un supporto esterno come un disco rigido, e alcuni ci stanno provando in modo concreto. Una pratica che potrebbe consentire ai proprietari del cervello “trasferito” di vivere altrove, rispetto al proprio corpo biologico, offrendo un surrogato di immortalità.

Il punto cruciale del Mind Uploading è il potenziale superamento della biologia umana attraverso il trasferimento delle informazioni contenute nel cervello, quindi, ma in supporti diversi dalle cellule e dai vasi sanguigni che compongono la parte materiale della mente. Secondo i transumanisti, il movimento filosofico-intellettuale inaugurato negli anni Novanta, la tecnologia è lo strumento destinato da sempre a creare una cyber-umanità. 

Tale movimento fa riferimento a un numero crescente di aziende e personaggi della Silicon Valley, tra cui Ray Kurzweil, teorico della singolarità e Director of engineering di Google; Larry Page e Sergey Brin, Peter Thiel, Mark Zuckerberg, Jeff Bezos ed Elon Musk, tutti impegnati in progetti che puntano a estendere la vita umana.

Inception nella vita reale: e se la mente fosse un’illusione?

Tuttavia, il Mind Uploading incontra ancora diversi ostacoli medici, tecnologici e filosofici. Innanzitutto, non si conosce la quantità di informazioni che il cervello umano può gestire ed elaborare. L’Allen Institute for Brain Science di Seattle è riuscito a mappare la struttura 3D di tutti i 100 mila neuroni (e di oltre un miliardo di connessioni tra loro) presenti in un millimetro cubico del cervello di un topo, ma la capacità computazionale necessaria per archiviare una sezione così piccola del cervello animale è di ben due petabyte, ovvero due milioni di gigabyte. Se consideriamo che un intero cervello umano contiene circa 100 miliardi di neuroni, è facile capire quanto sia complesso e quasi impossibile effettuare una copia digitale della nostra mente. Almeno per ora. 

Esistono anche ostacoli di natura filosofica e etica. Ad esempio, se riuscissimo a creare una copia digitale della mente di un individuo, sarebbe ancora la stessa persona? Questa nuova entità avrebbe gli stessi diritti e identità della persona originale? Ma soprattutto: la nostra coscienza avrebbe consapevolezza della propria forma digitale, o potrebbe ritrovarsi nel limbo di una dimensione onirica che sembra reale, ma che in realtà è solo una proiezione, come nel film “Inception” diretto da Christopher Nolan? Ci sono diverse preoccupazioni anche riguardo alla sicurezza e alla privacy dei dati contenuti in una copia digitale della nostra mente. In sostanza, il Mind Uploading è un’idea molto affascinante che potrebbe avere implicazioni importanti per il futuro dell’umanità, ma per ora rimane una prospettiva lontana e con qualche difficoltà da superare, e forse, nonostante questi (leciti) dubbi, come diceva il grande scienziato Stephen Hawking: «non dobbiamo lasciare che la nostra mente limitata ci impedisca di affrontare le sfide più grandi dell’universo».