Marea è un campus intensivo di illustrazione organizzato dall’UIA nella sua sede a Villa Hériot a Venezia, coinvolgendo diversi illustratori di fama internazionale e con l’obiettivo non tanto di “insegnare a disegnare, ma insegnare a pensare attraverso il disegno”. Un mix decisamente suggestivo di lezioni, revisioni, visite a mostre e altre location di interesse ma soprattutto di disegno in loco per sviluppare la capacità di osservazione e utilizzare il disegno come forma di pensiero. I docenti? Un quartetto niente male composto da Andrea Antinori, Eleonora Marton, Sarah Mazzetti e Jim Stoten.
Cosa si è portata a casa da questa avventura la nostra “maga del motion”? Le abbiamo chiesto di condividere con noi i suoi pensieri e le sue emozioni, in un racconto diviso in dieci diversi punti.
Sono andata con un obiettivo e delle aspettative, ma sono tornata con qualcosa di meglio
Ho scelto di fare questo corso perché il mio obiettivo professionale è diventare brava nel motion graphic design. Un motion graphic designer è un animatore prima di tutto, ma anche un visual designer ed illustratore.
Se per la parte di animazione mi sto esercitando molto, per la parte più visuale ho bisogno di fare molto esercizio e sperimentazione, perciò ho scelto di iscrivermi al corso. Volevo imparare qualcosa in più sull’illustrazione per realizzare Styleframes con più consapevolezza e padronanza.
Sono a conoscenza del fatto che per ottenere miglioramenti in questo senso c’è bisogno di anni di pratica e persistenza, cosa che un camp di 2 settimane non ti può dare, tuttavia la formula del camp mi ha piacevolmente stupita perché è stato un luogo di sperimentazione autentica e libera. Non pensavo che un corso prettamente autogestito potesse essere così rigenerante.
Un progettista felice è un progettista creativo!
Sono esperienze importanti, in quanto catalizzatori di felicità. Marea ha fatto incontrare persone con background culturali e professionali diversi, ma accomunati tutti dalla stessa grande passione per il visual.
Cosa fanno in una stanza 19 persone con la stessa passione? Creano un ambiente ricco, che si autoalimenta in un continuo dialogo stimolante, e pieno di variabili creative.
Questi momenti sono fondamentali nella vita di chi si serve della creatività nel proprio lavoro, perché quest’ultima è come una fiamma. Bisogna prendersene cura, proteggerla, alimentarla e riconoscerla nel suo intrinseco valore.
Ho fatto recentemente (quasi due anni) il passaggio da studentessa a lavoratrice e uno degli aspetti più rischiosi del lavoro è inciampare in una routine abituale di solo lavoro scarsa di stimoli e proattività. Per spezzare questa catena che ogni tanto può essere frustrante credo sia fondamentale crearsi la possibilità di fare progetti liberi senza vincoli o partecipare a queste esperienze perché sono il carburante giusto per ricaricarti di energia nuova con cui affrontare le sfide future.
Venezia, call it magic.
Venezia a fine agosto è un incanto. La temperatura è sempre stata amica e anche i lunghi viaggi in vaporetto per raggiungere la Giudecca, dove si teneva il corso, sono stati parte dell’esperienza. La vista dal giardino sulla laguna? “Spettacolare” potrebbe rendere bene l’idea, ma credo non sia è abbastanza.
“Better done than perfect!”. Al bando il perfezionismo
La tendenza al perfezionismo è un comportamento molto comune negli illustratori o in generale a chi svolge un lavoro creativo e purtroppo rappresenta un grande ostacolo. Chi è perfezionista sfida ogni giorno la paura del fallimento, la paura di non creare un elaborato che sia “abbastanza”, la paura di non vedere su carta ciò che immagina nella propria mente pur nella consapevolezza che è solo lì che vi risiedono questi canoni perfetti e che effettivamente non esistano nella realtà.
Il problema è che questo mindset è un severo mostriciattolo giudicante che limita la creatività e la bellezza del miglioramento che avviene con graduale costanza, prova dopo prova, fallimento dopo fallimento.
Durante il corso gli illustratori e gli ospiti dei talk hanno avuto un particolare riguardo nel parlare di questo tema. Ne ho percepito un empatico incoraggiamento nel non smettere di navigare nel processo, di non fossilizzarsi sull’impossibilità di raggiungere questa ansiogena perfezione, ma di disegnare e lasciare andare. E continuare ad avere fede nella costanza e nel progressivo accumulo di esperienza.
Potranno anche risultare commenti banali, se percepiti dall’esterno, ma assicuro in quanto Designer Junior questi dovrebbero essere dei mantra quotidiani per non cedere nello sconforto.
Povero gabbiano, meglio se mi stai lontano
I gabbiani sembrano belli, sicuramente da lontano. Ho fatto una tragicomica conoscenza della loro cattiveria, assistendo ad un attacco live. Sono anche appassionati di tramezzini e non stanno lì a storcere il becco sul gusto o sulla quantità di farcitura.
La stampa risograph
A metà corso abbiamo sperimentato la stampa risograph. Per rendere l’idea bisogna immaginare una stampa a metà strada tra la serigrafia e la stampa off-set. Il macchinario assomiglia alla vista a una classica stampante da ufficio, ma il metodo di stampa è diverso. L’inchiostro è denso e si trova all’interno di rulli. Le stampe hanno un numero di colori limitato e c’è il fuori registro che nonostante sia un limite della stampa, alla fine diventa una peculiarità del metodo.
Nel nostro caso abbiamo provato a stampare un’immagine a due colori. Per poterlo fare bisogna dividere la stessa immagine in due passaggi, due livelli differenti. Un livello verrà stampato in arancione e l’altro livello verrà stampato in blu sovrapponendosi alla stampa precedente.
Un effetto interessante su cui gioca la risograph è anche la sovrapposizione dei due colori che può essere sfruttato per crearne un terzo. Ogni studente ha stampato un’immagine per realizzare un magazine collettivo del corso.
La stampa è stata curata da Enterpress, uno studio riso di Bologna, che l’ultimo giorno del corso ha tenuto una presentazione informativa e ci ha consegnato i nostri magazine.
“Collezione” e il piacere di uscire dagli schemi.
Il tema del progetto che ci è stato proposto era intenzionalmente molto ampio, per consentire la maggiore libertà possibile.
Nella routine lavorativa di certo non mancano i vincoli progettuali determinati da diverse variabili, come il budget ridotto o le guideline stringenti. Per questo motivo essere completamente liberi di fronte a una nuova esperienza creativa permette da una parte di uscire completamente dagli schemi, dall’altra ti mette di fronte a un enorme spettro di possibilità e infinite variabili tra cui scegliere e qui inizia la sfida.
L’obiettivo dunque era quello di raccontare una collezione con qualsiasi mezzo espressivo e portando qualsiasi tipo di elaborato finale, potendo spaziare tra illustrazione, fotografia, collage, video ecc.
12 personalità, perché mi piace sempre abbondare.
Il titolo del mio progetto è stato “Me and my 12 personalities” ed è assolutamente personale.
Nel mio personale brainstorming iniziale alla domanda “che cosa colleziono di più in assoluto?” mi sono ricordata di un aneddoto simpatico della mia quotidianità, ovvero l’assunto secondo il quale io abbia 12 personalità.
Niente di clinicamente dichiarato fortunatamente, ma tutto nasce da un errore che faccio nelle conversazioni. Quando devo riferirmi a me stessa, a volte mi sbaglio e dico “noi” (ad esempio faremo questa cosa, vedremo…). Così da un po’ di tempo invece di correggere il “noi” con “io”, continuo su quella lunghezza d’onda con “io e le mie 12 personalità”.
Così ho pensato potesse essere il momento giusto per fare realmente vivere queste 12 personalità dando loro un nome, una forma e un’anima, e rendendoli i protagonisti di un mazzo di 12 carte.
Oltre all’idea sicuramente inusuale, è stata un’interessante occasione che mi sono data per giocare con il character design e la caratterizzazione di personaggi, partendo da elementi di riflessione personale, enfatizzandoli ed usando uno stile molto geometrico e solido.
Cosa mi porto a casa dal corso e posso portare a lavoro?
Come dicevo in un passaggio qui sopra, per me fare esperienze realmente creative come questa o continuare ad elaborare progetti personali non condizionati dalle logiche lavorative, è fondamentale e indispensabile. È ciò che nutre e rigenera la mente e fa crescere il proprio bagaglio di conoscenze, fa bene per tutto ciò che seguirà. Non tanto a livello tecnico, quanto più un miglioramento a livello attitudinale e di approccio. Questi sono gli ingredienti che mi permettono di essere più proattiva ed ispirata al ritorno nella routine e in generale nella vita.
Anche l’orecchio vuole la sua parte.
Durante le settimane di Marea ho avuto anche il tempo di immergermi in un po’ di musica, che ha decisamente impreziosito tutti i “viaggi” creativi. Mi hanno chiesto di lasciarvi tre suggestioni sonore, il comitato editoriale di NOOO sta diventando infatti sempre più esigente. Per questa volta accontento i colleghi menzionandovi “Late Night Talking” di Harry Styles, “Venere e Marte” di Marco Mengoni e “Shivers” di Ed Sheeran. Spero vi sia piaciuta questa lettura e spero apprezzerete anche gli ascolti.