Chi ha paura di Telepathy? Tutto sul chip cerebrale di Elon Musk al centro delle polemiche

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07 Febbraio, 2024

All’interno di NOOO Borders, il nostro interesse verso le nuove frontiere della tecnologia e della scienza ci ha spesso guidato alla scoperta di progressi straordinari e dibattiti complessi. Attraverso articoli precedenti come Homo Deus: Alla ricerca dell’immortalità digitalee L’Era postumana è arrivata: I superpoteri che comportano grandi responsabilità”, abbiamo esaminato temi che sfidano la nostra comprensione del futuro. Continuando su questa traiettoria, ci avviciniamo al progetto di Neuralink: l’impresa guidata da Elon Musk, noto per il suo lavoro con Tesla e SpaceX. In particolare, esploreremo il chip cerebrale Telepathy, cercando di offrire una panoramica equilibrata dei suoi sviluppi, delle discussioni che lo circondano, delle funzionalità proposte e delle questioni etiche che solleva.

Il primo impianto cerebrale umano wireless

Nell’arena dell’innovazione scientifica, pochi pionieri brillano con l’intensità visionaria di Elon Musk. Milionario eclettico, ha tracciato un corso ambizioso che spazia dalla prospettiva di colonizzare Marte fino alla radicalizzazione dei sistemi di trasporto urbano con i suoi tunnel sotterranei. Recentemente, ha rivolto la sua attenzione a un ambito che potrebbe trasformarsi in un caposaldo per il futuro dell’umanità: la realizzazione del primo impianto cerebrale wireless. Questo sviluppo solleva un interrogativo cruciale: può questa tecnologia, come Musk professa, diventare davvero un baluardo per “salvare la razza umana”?

Non è una novità

La storia dell’interfaccia cervello-macchina è lunga e ricca di sviluppi incrementali. Dagli esperimenti degli anni ’60 e ’70, che esploravano l’uso della stimolazione elettrica per alterare il comportamento degli animali, ai progressi dei primi anni 2000, che hanno visto scimmie addestrate controllare cursori su schermi con il solo pensiero, si delineano decenni di ricerca e sperimentazione.

Anne Vanhoestenberghe, autorità nel campo dei dispositivi medici impiantabili attivi presso il King’s College di Londra, evidenzia come la maturazione di questa tecnologia sia stata graduale, con ogni innovazione che ha avvicinato la scienza a un’integrazione sempre più armoniosa tra cervello umano e dispositivo.

La realizzazione di Musk con Neuralink, non è quindi del tutto nuova, ma si inserisce in questo contesto come un punto di svolta potenzialmente rivoluzionario. L’impianto cerebrale wireless rappresenta non solo un traguardo tecnologico ma solleva anche questioni etiche e filosofiche profonde riguardo al futuro dell’umanità e alla possibile evoluzione delle nostre capacità cognitive e sensoriali. Scopriamole insieme.

Le (tante) perplessità

Nell’ultimo annuncio di Elon Musk, la notizia che un paziente umano ha ricevuto con successo il primo impianto cerebrale wireless di Neuralink ha segnato un momento storico nel campo dell’innovazione tecnologica. Sebbene i dettagli specifici sul paziente siano ancora mantenuti relativamente riservati, Musk ha condiviso che il soggetto “si sta riprendendo bene” e ha rivelato che i primi risultati mostrano “un rilevamento promettente dei picchi neuronali”.

Nonostante l’evidente progresso scientifico, questa innovazione ha suscitato non solo ammirazione ma anche serie preoccupazioni. Al centro del dibattito vi è il timore riguardante le implicazioni etiche e la potenziale erosione della privacy.

La possibilità di accedere, interpretare e, in teoria, manipolare i pensieri umani evoca scenari distopici precedentemente confinati alla fantascienza.

Esperti come Nita Farahany, specialista in bioetica e politiche pubbliche alla Duke University, hanno sollevato questioni critiche sulle libertà cognitive, enfatizzando come le tecnologie di interfaccia cerebrale potrebbero minacciare il nostro diritto alla privacy dei pensieri, e pone un’allerta sulla necessità di stabilire normative etiche e legali che proteggano l’autonomia e l’integrità mentale degli individui.

Allo stesso tempo, vi è la preoccupazione per il potenziale abuso della tecnologia. Storici come Edward Tenner hanno ricordato che ogni innovazione porta con sé potenziali benefici e rischi non previsti: una frase che ora più che mai fa riflettere.

Infatti, anche se il chip di Neuralink mira a obiettivi nobili quali il trattamento di disturbi neurologici, esiste il rischio che possa essere sfruttato per fini meno etici, inclusi la sorveglianza e il controllo coercitivo.

La sicurezza informatica rappresenta un’altra sfida significativa. L’aumento della connettività dei dispositivi impiantabili intensifica il rischio di cyber-attacchi. Specialisti come Kevin Fu, professore alla University of Michigan, hanno esposto preoccupazioni circa la vulnerabilità di dispositivi come quelli di Neuralink a hacking e guasti tecnici, che potrebbero compromettere tanto la privacy dei dati quanto la salute degli utenti.

Un ulteriore aspetto critico riguarda l’equità sociale. La tecnologia di punta di Neuralink potrebbe esacerbare le disuguaglianze esistenti, limitando i trattamenti ai soli individui economicamente privilegiati. Questa prospettiva solleva domande urgenti su chi potrà beneficiare di queste innovazioni e chi, invece, ne verrà escluso.

La storia di Neuralink

L’azienda Neuralink, fondata da Elon Musk nel 2016, è un’epopea che si snoda tra vertiginosi progressi tecnologici e dibattiti etici accesi, riflettendo il dinamismo e la complessità dell’innovazione nel XXI secolo. Questa società neuro tecnologica ha segnato il suo percorso con momenti di notevole ispirazione scientifica, ma anche con fasi di controversia, esplorando i confini tra il potenziale trasformativo della scienza e le preoccupazioni morali che ne derivano.

Il suo debutto nel panorama pubblico è stato rivelato dal Wall Street Journal nel 2017, aprendo il sipario su una serie di sviluppi che hanno successivamente catalizzato l’attenzione globale. Un punto di svolta significativo è stata la presentazione live del 2019, durante la quale Musk e il suo team hanno svelato al mondo la loro innovativa tecnologia: un chip impiantabile nel cranio, collegato a fili microscopici diffusi nel tessuto cerebrale, progettato per monitorare e potenzialmente stimolare l’attività neurale.

Parallelamente, Neuralink ha lavorato allo sviluppo di un robot chirurgico di precisione millimetrica, destinato all’impianto del chip.

Musk ha paragonato la semplicità e l’invasività ridotta dell’intervento a quella di una procedura LASIK per gli occhi, anche se questa analogia ha suscitato non poco scetticismo nella comunità scientifica. Tuttavia, neuroscienziati come Andrew Hires, dell’Università della California del Sud, hanno elogiato alcune innovazioni del robot chirurgico, in particolare la sua abilità nel compensare i movimenti del cervello durante l’operazione, riconoscendone l’ingegnosità.

I primi esperimenti, tra successi e critiche

Le dimostrazioni pratiche di Neuralink, come quelle effettuate con il maiale Gertrude nel 2020 e con il macaco Pager nel 2021, hanno fornito evidenze tangibili delle potenzialità dei chip impiantabili. Attraverso questi esperimenti, è stato dimostrato che il dispositivo di Neuralink può convertire l’attività cerebrale in comandi digitali, permettendo ad esempio di muovere un cursore o di giocare a videogiochi, attraverso il pensiero.

Queste presentazioni hanno generato sia ammirazione per l’avanzamento tecnologico sia critiche, in particolare per l’approccio alla neuroscienza. Sebbene l’ingegneria alla base di questi test sia stata lodata per la sua solidità, alcuni specialisti hanno infatti descritto la scienza neurale implicata da Musk come non particolarmente innovativa, sottolineando che la vera novità risiedesse nell’efficienza della trasmissione wireless dei dati piuttosto che nelle funzionalità intrinseche dell’interfaccia cervello-computer (BCI).

Inoltre, le polemiche relative all’uso di animali negli esperimenti hanno attirato critiche da parte di gruppi per i diritti degli animali e sollevato questioni riguardanti il benessere delle cavie, con accuse di violazioni dell’Animal Welfare Act. La denuncia presentata nel febbraio 2022 dal Physicians Committee for Responsible Medicine, basata su documenti ottenuti tramite richiesta di registri pubblici, ha messo in luce le sofferenze subite dalle scimmie utilizzate negli esperimenti, sollevando un dibattito sull’etica della ricerca e sulla cura degli animali coinvolti.

Obiettivi di Telepathy

Telepathy mira a offrire alle persone con gravi disabilità motorie la capacità di controllare smartphone, computer e altri dispositivi elettronici, utilizzando esclusivamente il pensiero. Questa tecnologia non solo supera i limiti fisici ma apre anche nuove prospettive di autonomia e connessione con il mondo esterno. È innegabile che il potenziale di Telepathy nel migliorare significativamente la vita delle persone con disabilità motorie sia immenso. Musk ha suggerito che personalità del calibro di Stephen Hawking avrebbero potuto trarre grande beneficio da questa tecnologia, potenziando la loro capacità di comunicare con il mondo. Tuttavia, il fervore generato da queste prospettive deve essere equilibrato con un approccio metodico e critico, attendendo pubblicazioni peer-reviewed che offrano una descrizione dettagliata degli esperimenti, al momento condivisi principalmente tramite canali non accademici come i social media.

Come funziona Telepathy

L’installazione di Telepathy nel cervello umano è un processo di precisione estrema, reso possibile solo attraverso l’uso di un robot chirurgico avanzato. Questo robot è dotato di ottiche ultrasensibili e di un ago sottilissimo, progettato per inserire i fili nel cervello con un impatto minimo sul tessuto circostante. L’intervento, benché tecnicamente complesso, mira a una minimizzazione del rischio e a una riduzione del disagio per il paziente.

Una volta impiantato, Telepathy funziona come un ponte tra il cervello umano e i dispositivi elettronici. I segnali raccolti dagli elettrodi vengono decodificati dai chip all’interno della capsula, trasformando l’intenzione di movimento in comandi digitali. Questi comandi possono poi essere inviati a fonti esterne, consentendo al paziente di controllare computer, smartphone o altri dispositivi, semplicemente pensando all’azione desiderata.

Da questo momento, un complesso sistema di componenti lavora per tradurre l’intenzione di movimento del cervello in comandi digitali.

Nonostante le sue capacità avanzate, è importante sottolineare che Telepathy non è in grado di leggere il pensiero in senso stretto. Il chip interpreta specifici segnali cerebrali legati all’intenzione di movimento, offrendo una nuova modalità di interazione per persone con limitazioni motorie significative.

Architettura di Telepathy: come è fatto

Il dispositivo si compone principalmente di quattro elementi chiave. Al centro troviamo una capsula biocompatibile, progettata per essere impiantata nel cervello senza provocare risposte avverse dal tessuto circostante. Questa capsula ospita il cuore dell’impianto: i chip e la parte elettronica responsabili della decodifica dei segnali cerebrali.

A complemento di questa tecnologia, Telepathy incorpora una batteria al litio, che può essere ricaricata dall’esterno tramite induzione, garantendo così una fonte di energia costante senza la necessità di interventi chirurgici aggiuntivi per la sostituzione della batteria. Il vero fulcro del sistema, però, è rappresentato dai 1024 elettrodi distribuiti su 64 fili ultrasottili. Questi fili, flessibili ma incredibilmente resistenti, vengono inseriti delicatamente nel tessuto cerebrale. Ogni elettrodo è in grado di raccogliere i segnali generati dall’attività neuronale, che vengono poi trasmessi al chip per essere decodificati.

Al confine tra dubbi e timori nella fantasia umana. Ecco perché il chip cerebrale di Musk fa paura.

La paura è spesso il nostro primo istinto quando si tratta di esplorare l’ignoto. Nel mondo della scienza e della tecnologia è talvolta presente, e l’idea di manipolare il cervello umano non fa eccezione. Nonostante le rassicurazioni dei pionieri che cercano di spingersi ai confini della mente umana, il cervello rimane una frontiera interiore che molti sono riluttanti ad attraversare. L’idea di manipolare questa “terra inesplorata” evoca sia un senso di eccitazione che di timore.

Il cervello umano: protagonista indiscusso della fantascienza

È interessante notare come la notizia del primo impianto riuscito del chip Telepathy in un cervello umano sia emersa poco dopo l’uscita di Povere creature! – il film che, tra le sue molte sfaccettature, offre una prospettiva di monito sulla tecnologia e la sua influenza sulla vita umana.

Il cervello umano è sempre stato oggetto di fascino nella narrativa di fantascienza. In particolare, il cervello come entità separata dal corpo – rimovibile, modificabile e migliorabile, noto come brain in a vat, è diventato un tema ricorrente nelle storie di tutti i tempi. Scrittori come Edmond Hamilton, nel suo racconto The Metal Giants (1926), e H.P. Lovecraft, in Colui che sussurrava nelle tenebre (1931), hanno introdotto i “cervelli mostruosi” collegati a macchine elettroniche nei loro racconti, e da allora la letteratura e la cinematografia non hanno mai smesso di esplorare queste affascinanti (e tenebrose) possibilità.

Tra musica ed esperimenti

La concettualizzazione moderna delle Interfacce Cervello-Computer (BCI), come le intendiamo oggi, ha avuto inizio in modo sorprendente con una performance musicale. Nel 1965, Alvin Lucier eseguì Music for Solo Performer, utilizzando un apparato di decodifica per trasformare le sue onde cerebrali in suoni. Questa performance aprì la strada a un nuovo modo di comprendere il potenziale delle interfacce cervello-macchina.

Nello stesso anno, Michael Crichton scrisse Il terminale uomo, in cui un uomo affetto da disturbi neurologici cercava disperatamente di guarire attraverso l’implantazione di un minicomputer nel cervello. La narrativa popolare unì la science-fiction alla neuroscienza, “trasformando” il cervello umano in un misterioso strumento di potere.

Un altro pioniere in questo campo fu il neurofisiologo spagnolo José Manuel Rodríguez Delgado. Per due decenni, Delgado condusse esperimenti sull’elettrostimolazione cerebrale su gatti, scimmie e perfino esseri umani. Il risultato fu lo stimoceiver, considerato il primo impianto cerebrale funzionante. Delgado dimostrò inoltre pubblicamente l’efficacia del suo dispositivo, calmando un toro dopo averlo eccitato. Questo episodio lo rese famoso e aprì una discussione sul futuro dell’umanità e sulla possibilità di costruire le nostre funzioni mentali.

“Conosci te stesso”

I numerosi esempi di pionieri coraggiosi, da scienziati visionari a geniali autori di racconti fantascientifici e horror, tra cui il celebre Frankenstein di Mary Shelley, ci pongono dinanzi a un quesito cruciale: non è forse vero che nutriamo timori nei confronti del chip cerebrale di Neuralink perché abbiamo permesso alla nostra immaginazione di vagare selvaggiamente, dipingendo scenari cupi e sinistri sulle possibili conseguenze di questa manipolazione della nostra essenza?

Tuttavia, paradossalmente, persistiamo nel sognare di riplasmare la nostra stessa natura, di potenziarci fino a diventare superumani, di sfidare persino la morte. In fondo, forse è proprio noi stessi che temiamo di scoprire.

In questo nostro contributo, abbiamo intrapreso un viaggio attraverso la mente e la macchina, esplorando le promesse e i dilemmi presentati da Telepathy di Neuralink. Questa avanguardia tecnologica potrebbe rivoluzionare il modo in cui interagiamo con il nostro mondo, sfidando le nostre concezioni attuali di mobilità e comunicazione.