Come abbiamo già analizzato in alcuni dei nostri precedenti articoli, tra cui: Social Journalism: la Rivoluzione dell’Informazione in Difesa della Verità, il fenomeno della fusione tra giornalismo e social media continua a evolversi con un’intensità che non possiamo ignorare. Ma come siamo arrivati a questo punto? E perché la linea di demarcazione tra social e giornalismo sta scomparendo?
La figura più ambita dai media: il giornalista-creator
In un contesto in cui il giornalismo tradizionale e i social media si intrecciano in modi sempre più complessi, emerge una nuova figura professionale: l’info-encer. Questo termine, introdotto per la prima volta dal New York Times, si riferisce a individui che, pur non avendo mai scritto un articolo per una testata giornalistica tradizionale, hanno creato e consolidato una carriera professionale esclusivamente attraverso la loro presenza e attività sui social media. Questi creatori di contenuti non si limitano a riportare notizie, ma le filtrano, le interpretano e le contestualizzano per il loro pubblico, costruendo una reputazione basata su fiducia e autorevolezza.
L’info-encer rappresenta così una fusione tra il giornalista e il creator, ma con un focus meno sulla scoperta delle notizie e più sull’interpretazione e la spiegazione di queste ultime. Esempi italiani di questo fenomeno includono Alessandro Masala, il cui canale YouTube Breaking Italy conta oltre 850.000 iscritti, Olimpia Peroni, che con 200.000 follower tra TikTok e Instagram, ha iniziato la sua carriera raccontando casi di cronaca, prima di essere reclutata da Fanpage, una delle testate online più seguite in Italia; e Marco Montemagno, che, partendo da una carriera televisiva, ha costruito un impero mediatico online grazie ai social media. Attraverso i suoi video, Montemagno fornisce analisi e commenti su temi di attualità e tecnologia, con un seguito di oltre 1,3 milioni di follower su Facebook.
Questa dinamica ha creato un paradosso: mentre molti giornalisti cercano di emanciparsi dalle testate tradizionali per costruire un seguito indipendente, le stesse testate iniziano a integrare influencer dell’informazione nelle loro redazioni per beneficiare della loro capacità di attrarre un vasto pubblico. Questo scenario riflette una tendenza più ampia: secondo una recente indagine di Pew Research, il 50% del pubblico americano si informa attraverso i social network. Un dato analogo emerge in Europa, dove il 28% della popolazione utilizza principalmente i social media per accedere alle notizie online, con una crescita significativa rispetto al 23% del 2018, soprattutto tra i giovani di età compresa tra 18 e 24 anni.
Tutta “colpa” dei Social. O forse… merito?
Ebbene, sì: i Social Network non si sono limitati a erodere la storica autorità delle testate giornalistiche, ma hanno letteralmente rivoluzionato il panorama mediatico, dando origine a nuove figure professionali che incarnano una sintesi perfetta tra l’influencer e il giornalista. Questi nuovi giornalisti-creator, con il loro approccio vivace e interattivo, stanno ridefinendo ruoli e linguaggi, riformulando tutti i modelli che hanno per lungo tempo dominato l’informazione. I Social, oltre a rappresentare un canale immediato per dialogare con il pubblico e i colleghi, si sono rapidamente imposti come un requisito indispensabile, per chi lavora nell’informazione, e spesso richiesti dalle stesse testate per le quali i giornalisti lavorano. La presenza sui social non è pertanto più una semplice opzione, ma una necessità dettata dalle nuove dinamiche comunicative.
Dalla carta stampata ai social e al podcast: le star del “vecchio” giornalismo che ora dominano il digitale
Negli ultimi anni abbiamo assistito alla trasformazione di figure di spicco del giornalismo italiano in veri e propri protagonisti del mondo digitale. Enrico Mentana, ad esempio, non ha utilizzato i social solo come strumento di diffusione di notizie; le sue pungenti e ironiche “blastate” su Facebook hanno trasformato il suo profilo in un punto di riferimento per l’interazione diretta con i lettori. Parallelamente, giornalisti come Andrea Scanzi hanno sfruttato le potenzialità dei social per espandere la loro influenza, raggiungendo un vasto pubblico e consolidando il proprio ruolo di opinion leader. Allo stesso tempo, blogger come Selvaggia Lucarelli hanno visto il proprio seguito crescere esponenzialmente, utilizzando i social non solo per esprimere opinioni, ma in alcuni casi anche per “condizionare” l’opinione pubblica. Giorgio Taverniti, noto esperto di SEO e digital marketing, ha costruito una solida carriera come divulgatore attraverso i social media, con un canale YouTube che conta oltre 100.000 iscritti e una forte presenza su Facebook e Instagram, dove condivide regolarmente consigli e riflessioni sul mondo digitale. Mario Calabresi, ex direttore di La Stampa e La Repubblica, ha saputo reinventarsi con il progetto digitale Altre Storie, una newsletter che racconta storie dimenticate e inedite, raggiungendo migliaia di abbonati; infine Francesco Costa, con il suo podcast Morning e la newsletter Da Costa a Costa, ha creato una piattaforma che informa e appassiona il pubblico su temi internazionali, in particolare sulla politica americana, accumulando oltre 100.000 iscritti.
E quando il passo è dai Social al Giornalismo? Ecco le star dell’informazione che sono nate in Rete
Non sono solo i giornalisti tradizionali ad aver trovato un nuovo spazio nell’era digitale. Accanto a loro, emergono figure che hanno fatto della rete il proprio palcoscenico, diventando vere e proprie icone dell’informazione contemporanea. Questi creatori di contenuti, cresciuti direttamente nell’ambiente digitale, stanno ridefinendo il modo in cui le notizie e le opinioni vengono condivise e consumate. Casey Neistat, ad esempio, ha trasformato il suo canale YouTube in un fenomeno globale con oltre 12 milioni di iscritti. I suoi video combinano storytelling personale con l’analisi di temi di attualità, raggiungendo un pubblico vasto e diversificato. Neistat non si limita a intrattenere; utilizza la sua influenza per commentare la cultura pop e le questioni sociali, diventando una voce rilevante nel panorama mediatico globale.
Un altro esempio di successo è Huda Kattan, fondatrice di Huda Beauty. Partita come guru del beauty su Instagram, Kattan ha saputo ampliare il suo campo d’azione, trattando anche temi sociali e culturali con la sua enorme base di oltre 50 milioni di follower. La sua capacità di coniugare contenuti di bellezza con messaggi più profondi ha fatto di lei una delle figure più influenti nel mondo dei social media. Ma la lista delle nuove icone dell’informazione digitale è lunga e diversificata. C’è Philip DeFranco, che con oltre 6 milioni di iscritti su YouTube ha trasformato il suo canale in una piattaforma di notizie e commenti, influenzando un vasto pubblico grazie al suo stile diretto e accessibile. Oppure Lilly Singh, che con i suoi 14 milioni di iscritti su YouTube, ha saputo mescolare umorismo e temi sociali, diventando una voce rilevante per una generazione giovane e connessa.
Le nuove generazioni di Info-encer italiani che stanno ridefinendo il panorama mediatico
E che dire del nostro Paese? Gli italiani non sono certo da meno, con una nuova generazione di giornalisti-creator e piattaforme seguitissime che spesso vantano redazioni molto strutturate che nulla hanno da invidiare alle testate tradizionali, (anche in termini di fatturato.)
Qualche esempio? Non possiamo che iniziare da Will Media, fondato da Francesco Zaffarano: un esempio di come il giornalismo possa evolversi in un contesto multicanale, raggiungendo oltre 1,3 milioni di follower su Instagram e sfruttando altre piattaforme come YouTube e Telegram per consolidare il rapporto con il pubblico giovane e attento alle questioni sociali e ambientali. Un altro caso interessante è Breaking Italy, il canale YouTube di Alessandro Masala, che con oltre 600.000 iscritti è diventato un punto di riferimento per analisi critiche su politica e cultura pop, dimostrando come un contenuto di qualità possa costruire una comunità fedele e partecipe; e Factanza, fondata nel 2020 da Livia Viganò e Bianca Arrighini: una piattaforma italiana con 790.000 follower su Instagram che si dedica a semplificare le notizie per un pubblico di giovanissimi. Infine, come non citare Welcome To Favelas, con 887.000 follower su Instagram, 516.000 su Telegram e 117.000 su TikTok?
A proposito, se te la sei persa, puoi leggere la nostra esclusiva Intervista al fondatore Massimiliano Zossolo sulle nuove regole dell’informazione online.
Queste nuove voci nel panorama mediatico dimostrano che il futuro del giornalismo italiano non può più prescindere dalla capacità di interagire con il pubblico attraverso i social media, integrando tradizione e innovazione per rispondere alle sfide della comunicazione contemporanea.
Come gli Info-encer stanno cambiando i social
Nell’attuale panorama digitale, non solo il “lavoro del giornalista”, ma anche i profili social dei giornalisti e le piattaforme stesse stanno attraversando una metamorfosi significativa. Da semplici strumenti per incrementare il traffico verso le testate, i Social si stanno trasformando in veri e propri hub di contenuti originali, creati appositamente per le piattaforme stesse. Questi contenuti, spesso nati e consumati esclusivamente all’interno dei Social, sono finalizzati non solo ad accrescere il seguito dell’info-encer, ma anche a generare nuove opportunità economiche e professionali come eventi, corsi e workshop. Questa tendenza ha permesso ai giornalisti più abili nella gestione delle loro community di costruire un rapporto di fiducia diretto con il pubblico, sfuggendo alla crisi di credibilità che ha colpito molte testate tradizionali. Siamo infatti nel pieno di quella che è stata definita “l’era della reputazione online,” dove l’informazione acquista valore solo se filtrata e convalidata da fonti fidate.
La “Sacra Triade” del giornalismo contemporaneo: social, newsletter e podcast.
Il trasferimento della fiducia dal marchio della testata al singolo giornalista, ha finito per mettere in crisi proprio quelle stesse testate che avevano incoraggiato i loro collaboratori a costruirsi una presenza sui social. Il mondo dell’informazione si è così personalizzato, permettendo ai giornalisti di emanciparsi, almeno in parte, dalle loro testate originarie. Non sono più le redazioni a cercare firme di prestigio, ma sono i giornalisti stessi a diventare delle vere e proprie media company autonome.
Esempi internazionali abbondano. Casey Newton, ex firma di The Verge, ha lasciato la testata per dedicarsi completamente alla sua newsletter The Platformer. Laura Shin, ex giornalista di Forbes, ha fatto altrettanto, focalizzandosi sul suo podcast Unchained, dedicato al mondo delle criptovalute. Questi casi rappresentano appieno la “sacra triade” del giornalismo contemporaneo: social network, newsletter e podcast. Tre strumenti diversi, ma complementari, che permettono ai giornalisti di coltivare e monetizzare la propria nicchia di pubblico, spostando l’attenzione dalla testata al singolo professionista, soprattutto se specializzato in ambiti specifici.
È guerra di territorio per il controllo dell’informazione?
È quasi il 2025 e il panorama dei media è profondamente mutato: il tradizionale funnel di distribuzione dei contenuti si è frammentato, le strategie verticali dominano e la parola d’ordine è “Digitale”. Ci troviamo di fronte a una vera e propria guerra di territorio per il controllo dell’informazione, con gli info-encer al centro di questa battaglia. Il panorama mediatico sta spostando l’attenzione dalle fonti tradizionali verso voci di nicchia, meno di massa ma più affidabili. Questo cambiamento ha portato a un coinvolgimento più profondo con un pubblico leale e attento, un pubblico che i brand cercano di conquistare con crescente difficoltà. Nel frattempo, i media tradizionali, alle prese con nuovi formati e abitudini di consumo, si trovano a fronteggiare una concorrenza inedita: quella tra giornalisti professionisti e influencer. Un esempio emblematico di questa trasformazione si è verificato nel Regno Unito, quando il gruppo editoriale Reach – proprietario di testate come il Daily Mirror, il Daily Express e il Manchester Evening News – ha annunciato il licenziamento di 450 dipendenti, con l’intento di sostituirli con influencer.
L’amministratore delegato Jim Mullen ha dichiarato al Telegraph: «Non piace quando uso la parola influencer qui, ma abbiamo portato a bordo persone che hanno un seguito e… le abbiamo addestrate per garantire che sappiano scrivere nel modo giusto». In pratica, sembra che gli influencer stiano diventando i nuovi giornalisti, un modello che ha perfettamente senso dal punto di vista commerciale, dato che il 20% dei giovani tra i 18 e i 24 anni utilizza TikTok come principale fonte di notizie.
Il dibattito online: qualunque influencer può diventare un giornalista?
In rete in dibattito è aperto e acceso più che mai. Sono in molti a chiedersi: Qualunque micro o macro-influencer può diventare un giornalista? Solo perché hanno una grande audience, significa che possono raccontare storie in modo equilibrato? E alcuni sostengono che la capacità di coinvolgere il pubblico non si traduce automaticamente nella competenza di condurre un’intervista seria o di trattare temi complessi con la dovuta etica. Una volta che un influencer varca la soglia per diventare un info-encer, emergono questioni etiche importanti, ambito in cui i giornalisti professionisti, formati per essere “custodi della verità”, eccellono. Gli influencer, invece, spesso mancano di questo rigore.
Tuttavia, seppure con numerosi dubbi, la minaccia per i giornalisti tradizionali è reale. I formati stanno cambiando e i nuovi giornalisti devono possedere competenze che vanno oltre la scrittura tradizionale: dalla capacità di presentare contenuti video, al montaggio, alla gestione delle community e alla distribuzione attraverso i canali social, specialmente per testate che si rivolgono a un pubblico giovane.
Ma questa trasformazione offre anche opportunità. La nuova formazione giornalistica fornisce le basi per acquisire e adattare queste nuove competenze, permettendo ai giornalisti di crescere e prosperare in un ambiente dominato dai social.
Comprendere i media verticali, creare contenuti brevi e accessibili, e semplificare argomenti complessi sono le nuove sfide.
Un esempio di successo? Ros Atkins della BBC, che ha intuito in anticipo la tendenza dei video in formato breve, diffondendoli sui social media e in TV. Gli aspiranti info-encer potrebbero semplicemente seguire questo modello.
Le nuove sfide del Digital Journalism: algoritmi imprevedibili
È diffusa l’opinione che i social media siano inidonei a veicolare un’informazione di qualità, spesso considerati strumenti più adatti all’intrattenimento superficiale che alla divulgazione seria. La differenza fondamentale con le testate tradizionali risiede nel modo in cui le notizie raggiungono il pubblico: su Facebook, Instagram o TikTok, non siamo noi a cercare l’informazione, ma è l’algoritmo che decide cosa mostrarci, calibrando i contenuti in base ai nostri interessi presunti. Questo meccanismo, se da un lato favorisce la scoperta di argomenti di tendenza, dall’altro solleva il rischio di incappare in una ricerca spasmodica del sensazionalismo, spesso a scapito dell’accuratezza e della profondità. Tuttavia, è fondamentale riconoscere che anche le pagine social delle testate giornalistiche tradizionali hanno contribuito a questa deriva, privilegiando contenuti virali rispetto alla qualità. In questa ottica, gli info-encer potrebbero rappresentare una sintesi virtuosa, coniugando le esigenze quantitative delle piattaforme con un’informazione più rigorosa e contestualizzata.
Tuttavia, i rischi non mancano. Uno dei pericoli più insidiosi è rappresentato dal potere discrezionale delle piattaforme, che possono modificare le loro politiche in qualsiasi momento, lasciando i creator dell’informazione in balia di logiche commerciali imprevedibili. Un esempio emblematico è stato il cambio di algoritmo di Instagram, che nel febbraio 2023 ha deciso di limitare la visibilità dei contenuti di natura politica. Questa mossa ha portato a un calo del 26% nell’engagement dei principali account informativi in lingua inglese, secondo i dati di Dash Hudson.
L’ingestibilità di Tik Tok
La situazione su TikTok è ancora più complessa. La piattaforma cinese, a differenza di Instagram, si basa quasi esclusivamente sul suo algoritmo per determinare la viralità dei contenuti, rendendo meno rilevante il numero di follower e aumentando l’imprevedibilità dei risultati. Questo spinge i creator a una continua ricerca di contenuti che colpiscano, rischiando di sacrificare la qualità per l’immediata gratificazione del pubblico.
In questo scenario, è evidente che la trasformazione del giornalismo non può essere ostacolata, ma piuttosto gestita. Come sottolineato da The Critic, ogni forma di media è il prodotto di un’epoca e delle tecnologie che la caratterizzano. I giornali cartacei, i programmi d’informazione televisivi e ora i social media sono tutti strumenti che riflettono il loro tempo. L’informazione deve adattarsi a queste nuove realtà, sfruttando le opportunità offerte senza perdere di vista l’integrità professionale.