Nata il 20 maggio 1992 ad Ariano Irpino, Malita ha iniziato il suo percorso nel mondo della musica a soli 14 anni con la band Silent Grave e un album di debutto, Chrysalis. Da allora, la sua carriera si è evoluta rapidamente: diploma accademico in canto lirico al Conservatorio di Campobasso, certificazioni vocali avanzate e una lunga esperienza sui palcoscenici teatrali e musicali, da La Traviata al Exultate Jubilate di Mozart. Ma è con il nome di Malita Choul che, dopo una crisi artistica, Giusy decide di reinventarsi, e oggi non è solo autrice e cantante, ma anche una micro influencer capace di dare vita a personaggi che rispecchiano le sfaccettature più autentiche della quotidianità.
Come è riuscita, Malita a unire il mondo del canto lirico e della recitazione con quello della comicità digitale e dei social?
Malita, hai avuto una formazione prestigiosa nel canto lirico e nella recitazione, ma poi hai scelto di esplorare anche una strada completamente nuova sui social media. Da dove nasce questo bisogno di creare personaggi così particolari, e qual è stato il primo?
Il bisogno è nato in un momento di grande crisi personale e professionale. Nel 2022, quando mi sono trasferita a Milano, mi trovavo in una situazione di totale disorientamento. Mi ero temporaneamente lasciata alle spalle il teatro e il canto, ma senza la possibilità di esibirmi dal vivo, mi sentivo come “svuotata”. Ero da sempre abituata al contatto con il pubblico, a vivere la performance come un’esperienza reale, e all’improvviso mi mancava quell’adrenalina. I social media sono diventati, quasi per necessità, un nuovo palcoscenico e un modo per ritrovare quella connessione che avevo perso con le persone. È iniziato tutto per gioco, ma c’era un bisogno più profondo dietro: esorcizzare le mie ansie e frustrazioni. Così ho creato Priscilla, il mio primo personaggio, una donna di mezza età intrappolata nelle piccole e grandi tragedie della vita quotidiana. Con lei ho scoperto che, attraverso i social, potevo far vivere i miei personaggi, parlare di fragilità e frustrazioni con ironia e leggerezza, e questo ha trovato un riscontro inaspettato nel pubblico. Quella finzione, in realtà, rispecchiava una verità condivisa da molti, e ho capito che potevo creare un ponte tra il mio mondo artistico e la vita quotidiana di chi mi seguiva.
Sei riuscita a unire mondi apparentemente molto distanti come il teatro, il canto lirico e i social media. Qual è stato il processo che ti ha portato a trovare un filo conduttore tra queste espressioni artistiche?
Per me, l’arte è sempre stata una questione di comunicazione, indipendentemente dal mezzo. Che si tratti di interpretare un’aria di Mozart o di vestire i panni di un personaggio comico su Instagram, il mio obiettivo è sempre lo stesso: esprimere qualcosa di universale. Quando non avevo più la possibilità di esibirmi dal vivo, sentivo che mi mancava una parte fondamentale della mia esistenza, quella che mi permetteva di raccontare me stessa attraverso l’arte. Così, i social sono diventati uno spazio scenico, dove potevo continuare a fare quello che amavo e che sono.
I tuoi personaggi hanno conquistato un vasto pubblico. Quanto di te stessa metti in loro e come riesci a renderli così autentici?
C’è molto di me in questi personaggi. Priscilla incarna le mie frustrazioni quotidiane, quella difficoltà di far combaciare tutto, tipica di tante persone. È un personaggio che riflette le piccole e grandi sfide della vita, trasformandole in qualcosa di riconoscibile per chi mi segue. Gotica Meridionale, invece, è un richiamo alla mia adolescenza, quando vivevo immersa nel mondo del metal e del rock, un periodo in cui ero molto seria e introspettiva. Il nuovo format è nato quasi per istinto. Una sera, stanca dopo il lavoro, ho iniziato a giocare con il concetto di normalità e caos, e da lì è nata una sorta di delirio creativo che si è trasformato in qualcosa di continuativo ed eterogeneo. Mi piace osservare gli stereotipi delle persone che incontro e trasformarli in personaggi che oscillano tra normalità e nevrosi. Questo mi ha permesso di dare vita a qualcosa di autentico, mescolando esperienze personali con un tocco di comicità e osservazione. Il pubblico si riconosce in queste dinamiche, e questo ha creato un legame molto forte con chi mi segue.
Cosa ti sorprende di più nella reazione del pubblico?
Quello che mi ha sempre sorpreso è come il pubblico si riconosca in tutto questo. Non si tratta solo di ridere dei miei personaggi, ma di vedere riflessi aspetti delle proprie vite, delle proprie insicurezze. La capacità di accettare le proprie nevrosi, riconoscendo che fanno parte di noi, è uno dei motivi per cui questi personaggi funzionano. Le persone vedono parti di sé, e questo le aiuta a sentirsi meno sole, più comprese. È come se attraverso l’ironia riuscissero a fare pace con quelle fragilità che tutti abbiamo, ma che spesso facciamo fatica ad accettare.
La tua fanbase è cresciuta rapidamente, e la tua community sembra molto attiva e affezionata. Come vivi il rapporto con i tuoi follower e come si è evoluto nel tempo?
La mia community è stata una vera sorpresa. Inizialmente mi aspettavo più haters, soprattutto quando ho iniziato a postare contenuti personali, ma invece ho trovato un pubblico molto sensibile e attento. Spesso mi scrivono per raccontarmi come i miei video abbiano migliorato le loro giornate o come si ritrovino in quello che dico e faccio. Questo per me è incredibile, perché ho creato un dialogo sincero con loro, che va oltre il semplice “mi piace”.
Ad aprile, quando ho portato in scena il mio spettacolo teatrale “Aspettando la nuova coinquilina“, alcuni follower sono venuti a vedermi dal vivo. È stato un momento magico: ripetevano le battute dei miei video, e lì ho capito davvero quanto il confine tra il mondo virtuale e quello reale possa scomparire. È stata una conferma del legame forte che si è creato, come se ci fossimo finalmente incontrati faccia a faccia dopo mesi di relazione digitale.
Come riesci a bilanciare la tua esposizione sui social con la tua vita privata, mantenendo un equilibrio tra visibilità e introspezione?
È una sfida continua. Sono una persona riservata, soffro d’ansia e ho bisogno di momenti di solitudine per riflettere e ricaricarmi. Nonostante questo, i social sono diventati uno strumento potente per esorcizzare le mie fragilità. Quando mi sento sopraffatta o giù di morale, la creatività diventa il mio rifugio: scrivo, ballo, creo personaggi. È il modo in cui riesco a trasformare le mie insicurezze in qualcosa di produttivo e positivo. L’arte, per me, diventa un mezzo per gestire la pressione dell’esposizione e, al tempo stesso, trovare una sorta di equilibrio tra ciò che mostro al pubblico e ciò che tengo per me.
I social media hanno trasformato il modo in cui comunichiamo. Quale pensi sia il loro ruolo nell’arte?
I social media sono uno strumento straordinario, ma, come tutte le cose, il loro valore dipende da come vengono utilizzati. È vero che possono creare dipendenza, ma al tempo stesso offrono un veicolo potente per diffondere cultura, sensibilizzare, e persino dare vita a movimenti di cambiamento. Tuttavia, credo sia fondamentale che le idee e i progetti nati sui social non restino confinati in quel contesto. Deve sempre esserci un passaggio verso il mondo reale, verso esperienze tangibili. Per me è stato così: i social mi hanno dato l’opportunità di riaccendere la mia creatività, ma ora il mio obiettivo è riportare tutto questo su un palcoscenico.
Hai costruito una carriera teatrale e musicale di grande valore. Quali sono i tuoi obiettivi per il futuro?
Ho sempre sognato di portare la mia fanbase in teatro, di creare spettacoli che combinino la mia passione per il canto e la recitazione. In Italia c’è ancora una certa rigidità nell’unire queste forme d’arte: i cantanti sono visti solo come cantanti, e gli attori solo come attori. Ma io voglio abbattere queste barriere, mescolare musica, teatro e comicità in uno spettacolo che sia unico. Per me, il contatto diretto con il pubblico è fondamentale, qualcosa che i social, pur potenti, non possono completamente sostituire. Voglio creare qualcosa di duraturo, che non si limiti al mondo digitale, ma che possa vivere anche su una dimensione reale, in un’esperienza condivisa e tangibile.
Giusy Tiso, alias Malita Choul, è una figura dirompente e straordinariamente versatile. Un’artista capace di attraversare mondi diversi – dal canto lirico alla recitazione, fino alla comicità digitale – e di fonderli in un’unica narrazione coinvolgente. Attraverso i social media ha trovato una nuova dimensione espressiva, reinventandosi senza mai abbandonare le sue radici artistiche. Teatro e musica restano il cuore pulsante del suo percorso, ma è la sua capacità di esplorare nuove forme di comunicazione che l’ha resa un punto di riferimento. Con un’ironia brillante e autentica, è riuscita a trasformare le fragilità, sue e del pubblico, in una forza, offrendo non solo uno spettacolo, ma anche un riflesso in cui riconoscersi e accettarsi. Malita non si limita a far ridere: crea un legame profondo con chi la segue, affrontando temi di vulnerabilità e insicurezze che toccano tutti. Ha portato una ventata di freschezza nel mondo dell’intrattenimento, dimostrando che l’arte, in tutte le sue forme, può essere uno strumento di connessione umana.