Design sostenibile: le più interessanti novità green dell’ultimo anno

Dalle sedute nate dagli scarti di produzione alle superfici metalliche rigenerate, fino alle pareti forgiate con materiali naturali e la straordinaria metamorfosi dei rifiuti tessili in innovativi elementi di design per interni: il panorama delle proposte di design si trasforma radicalmente, abbracciando una visione in cui il rispetto per il nostro Pianeta è il fulcro creativo. Le più recenti innovazioni progettuali emergono da una ricerca sempre più avanzata, dedicata alla tutela dell'ambiente. Ecco le novità più significative del green design di quest’ultimo anno, che ridefiniscono il concetto di sostenibilità.

  • Sostenibilità e Green Economy
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25 Novembre, 2024

Un nuovo modo di concepire il ciclo produttivo

Il design sostenibile, oggi al centro dell’interesse di molte aziende nel settore dell’arredamento, rappresenta una filosofia che abbraccia un nuovo modo di concepire il ciclo produttivo: l’integrazione di pratiche ecologiche, etiche e sociali, con il fine ultimo di preservare il nostro Pianeta. Questa visione si fonda su alcuni principi essenziali, primo fra tutti l’utilizzo di materiali eco-compatibili, riciclati o biodegradabili, progettati per avere un impatto ridotto sull’ambiente, non solo durante la loro produzione, ma anche al termine del loro ciclo vitale. La possibilità di disassemblare i prodotti e riciclarli diventa, dunque, fondamentale in questo approccio, che mira a ridurre al minimo lo spreco di risorse e la produzione di rifiuti. L’innovazione tecnologica, inoltre, riveste un ruolo chiave, poiché contribuisce all’ottimizzazione dei processi produttivi e all’uso di energie rinnovabili, riducendo le emissioni di gas serra e garantendo l’efficienza energetica dei prodotti finiti. Non si tratta solo di materiali e tecnologie: la durabilità e la longevità degli oggetti diventano una priorità, incentivando modelli di consumo più responsabili, che privilegiano il riuso e lo scambio, spezzando la spirale dell’usa e getta. In questo contesto, anche la dimensione sociale ed etica del design non può essere trascurata, poiché il rispetto per l’ambiente si riflette in un impegno per l’equità sociale e la sicurezza lungo tutta la filiera produttiva. Scegliere prodotti che favoriscono la sostenibilità diventa allora non solo una scelta estetica o funzionale, ma un atto di responsabilità verso le future generazioni, un primo passo verso un futuro in cui le nostre case possano diventare il punto di partenza di una rivoluzione green.

Le nuove frontiere del design sostenibile: dal greenwashing alla biomimesi

Il concetto di design sostenibile è ormai parte integrante del lessico contemporaneo, benché all’inizio molti brand vi si siano accostati con una superficialità disarmante, mascherando pratiche di greenwashing dietro una patina di presunto ecologismo. Fu l’ambientalista Jay Westerveld, nel 1986, a coniare questo termine per denunciare l’ipocrisia di certe catene alberghiere, mentre il pubblicitario Jerry Mander definiva questo fenomeno come una vera e propria “ecopornografia.” Tuttavia, la distanza tra la facciata e l’autenticità si è assottigliata, trasformando il panorama globale del design in un terreno fertile per soluzioni davvero innovative e sostenibili. Oggi, il design più avanzato non può prescindere da un approccio rigoroso alla sostenibilità, un cammino che implica l’adozione di materiali riciclati e riciclabili, la progettazione di prodotti dalla vita lunga, capaci di ridurre l’impatto ambientale anche in fase di smaltimento, e cicli produttivi a impatto zero. Accanto a questo, emerge con forza la biomimesi, una disciplina visionaria che trae ispirazione dai processi biologici della natura per innovare le tecnologie umane.

Del resto, la sensibilità dei consumatori è cambiata radicalmente: più informati e consapevoli, anche grazie alla digitalizzazione dell’informazione, i clienti di oggi orientano le loro scelte verso prodotti che rispecchiano un’etica green. Questo orientamento si inserisce in un quadro globale più ampio: la creazione di politiche sostenibili è ormai un imperativo per i governi mondiali, come testimonia l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, ratificata da 193 Paesi dell’ONU. I 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) di quest’Agenda rappresentano un programma d’azione mirato a trasformare non solo l’ambiente, ma anche le sfere economica, sociale e istituzionale, con un orizzonte che si spinge fino al 2030. Così, il design sostenibile non è più una scelta di stile, ma una necessità collettiva, una responsabilità condivisa che coinvolge ogni settore della nostra società.

Patricia Urquiola

Novità di Design sostenibile 2024: tra materiali riciclati e soluzioni innovative che ridefiniscono l’abitare

Patricia Urquiola, icona della sostenibilità, presenta per Glas Italia una collezione di tavoli e consolle realizzati in graniglia e scaglie di vetro riciclato al 100%. Ogni pezzo, creato a mano, vanta geometrie irregolari e superfici organiche, disponibili in colorazioni uniche come ghiaccio, giada e miele. Il divano Augusto, disegnato da Vincent Van Duysen per Molteni&C, offre un equilibrio perfetto tra comfort ed eco-sostenibilità, con imbottiture in poliestere PET riciclato e una struttura metallica raffinata e durevole. Connubia, con il suo programma “I am green”, si impegna concretamente per il pianeta attraverso la produzione di arredi circolari, come la sedia Abby in polipropilene riciclato, un simbolo dell’economia sostenibile. MDF Italia, con Array disegnato da Snøhetta, rivoluziona il concetto di divano modulare: facile da trasportare e assemblare, riduce l’impatto ambientale grazie a una base in plastica riciclata e una bio-schiuma pensata per il massimo comfort. La collezione Mentha di S-CAB, nata dalla collaborazione con Archirivolto, sfrutta la plastica certificata riciclata per creare sedie eleganti e versatili, ideali per spazi pubblici e privati. Gallotti&Radice presenta il tavolo Re-Verre, realizzato artigianalmente in vetro riciclato, mentre Pedrali lancia Rizz, un tavolo in alluminio riciclato e completamente disassemblabile, perfetto per un riciclo efficiente a fine vita. La collezione Tura di Andreu Carulla per Roca, con lavabi, vasche e mobili, reinterpreta lo stile architettonico di Barcellona, utilizzando materiali naturali e riciclati come legno certificato FSC e feltro. Riva 1920, con lo sgabello Torrewwod for Suber, combina legno massello e sughero riciclato, offrendo un esempio virtuoso di design sostenibile. Infine, Edra presenta la collezione Every Place, con rivestimenti in filato PET riciclato da bottiglie di plastica, resistenti, traspiranti e ignifughi, pensati per ambienti esterni.

Queste sono solo alcune delle straordinarie innovazioni del design sostenibile nel 2024, che ci mostrano come la creatività, quando mossa da un profondo rispetto per l’ambiente, possa realmente contribuire a ridisegnare il nostro modo di vivere, in armonia con la natura e proiettato verso un futuro migliore.

Clarisse Merlet, studentessa di architettura, trasforma i rifiuti tessili in un materiale rivoluzionario per l’interior design

Clarisse Merlet, brillante architetta parigina, fondatrice di FabBRICK, inizia il suo viaggio verso l’innovazione durante il terzo anno di architettura, quando si imbatte in un dato allarmante e sempre più evidente: i rifiuti tessili post produzione, post consumo e a fine vita, ammontano a milioni di tonnellate. Solo in Europa, si parla di 5,8 milioni di tonnellate, ovvero undici chili a persona, con un trend in costante crescita negli ultimi vent’anni. La maggior parte di questi rifiuti finisce in discarica, inutilizzata, nonostante l’uso di fibre naturali come isolanti risalga a secoli fa, sia nell’architettura tradizionale che in quella moderna.

Dotata di un’intelligenza acuta e visione low-tech, Clarisse decide di trasformare questa catastrofe in opportunità, avventurandosi in un esperimento che molti studenti di design e architettura tentano durante i loro studi: creare un nuovo materiale da costruzione. Nasce così FabBRICK, un progetto che si distingue da altre sperimentazioni, spesso destinate a rimanere solo esercizi accademici, poiché ha l’ambizione di essere una soluzione scalabile e conforme alle rigorose normative europee.

In un mondo in cui molti provano a combinare materiali di scarto nei cosiddetti kitchen-labs (laboratori sperimentali casalinghi), Merlet è riuscita dove altri hanno fallito, combinando ingegno, pragmatismo e una visione chiara delle potenzialità industriali. FabBRICK non è più solo un’idea, ma un nuovo paradigma di costruzione sostenibile che può effettivamente trovare posto nel mercato globale del design e dell’architettura.

Dal profilo Instagram di Clarisse Merlet

Un’idea semplice ma rivoluzionaria

Con un’idea semplice ma rivoluzionaria, Clarisse Merlet è riuscita a dare nuova vita a ciò che normalmente finirebbe in discarica.

«Ho preso due vecchie magliette, le ho triturate, mescolate con un collante naturale e dato loro la forma di un mattone. E ha funzionato»; spiega Clarisse, sintetizzando così la nascita di FabBRICK, il materiale che trasforma scarti tessili in soluzioni costruttive solide e sostenibili. Nel 2018, la giovane architetta partecipa al bando di Faire, uno degli incubatori più influenti in Francia per il design innovativo, ottenendo subito il riconoscimento della giuria.

Da quel momento, il suo percorso sembra un fluire naturale verso il successo, sostenuto da molte istituzioni che credono nel progetto. Oggi, il cuore operativo di FabBRICK si trova nel 19° arrondissement di Parigi, dove Clarisse ha creato un hub trasparente che unisce showroom, uffici e laboratorio di produzione in un unico spazio. «Vogliamo essere il più trasparenti possibile con i nostri clienti» afferma, sottolineando il suo impegno per l’autenticità e la sostenibilità.

FabBRICK si è guadagnata un posto di rilievo nel panorama del design sostenibile, collaborando con giganti come Levi’s, IKEA, Google e Accor, sviluppando progetti su misura che incarnano l’idea di circolarità. L’agenzia è oggi leader in Francia nella riconversione dei tessuti post-consumo, dimostrando come il rifiuto possa diventare una risorsa preziosa e funzionale.

Il futuro è nell’industrializzazione dei processi di valorizzazione dei rifiuti senza eccezioni

Clarisse Merlet, con la sua visione pionieristica, punta a trasformare l’attuale processo artigianale di FabBRICK in un modello industriale, senza rinunciare alla sostenibilità locale. «Oggi, acquistiamo tutti i materiali entro 100 km; domani, vogliamo una fabbrica FabBRICK in ogni regione che produce rifiuti tessili»; spiega. Il recupero e la trasformazione degli scarti tessili sono sfide comuni in tutto il mondo, complicate dall’assenza di un sistema obbligatorio di raccolta differenziata del tessile. Merlet intende risolvere questi problemi, offrendo consulenze su misura e workshop per sensibilizzare aziende e istituzioni.

Il processo di riciclo tessile è tutt’altro che semplice: non è possibile mescolare materiali diversi, e le aziende di riciclaggio accettano solo fibre pure come cotone o poliestere, eliminando bottoni e cerniere. FabBRICK, però, ha sviluppato un sistema che integra tutte le parti del tessuto, inclusi materiali plastici e metallici, senza dover separare fibre naturali e sintetiche. Questa ingegnosità permette a Merlet di ottenere mattoni e pannelli isolanti utilizzando l’intero capo, risolvendo in modo razionale e innovativo le problematiche di smaltimento.

Con una produzione annua di 12 tonnellate di materiale riciclato e circa 40.000 mattoni, i prodotti FabBRICK si distinguono per le loro proprietà isolanti termiche e acustiche. La sfida ora è portare questa innovazione su scala industriale, dimostrando che l’ingegno dei giovani imprenditori può davvero rivoluzionare i modelli produttivi tradizionali, puntando su riciclo e riuso.

Heineken e le bottiglie scartate come icone di design e simboli di sostenibilità

Nell’estate del 2024, Heineken Sudafrica ha dato vita a un’iniziativa innovativa e sostenibile che ha unito creatività e responsabilità ambientale. Il progetto Waste to Wear ha trasformato le bottiglie di vetro scartate in oggetti di design per la casa e accessori di moda, un esempio tangibile di come il riciclo possa tradursi in bellezza e funzionalità. Questo progetto è stato parte della più ampia iniziativa Fields Green with Grass, Not Glass, che mira a ripulire l’ambiente urbano e promuovere il riciclo, e ha visto la collaborazione con designer locali come Deji Dada e Matthew Edwards, e l’agenzia creativa Sonic State.

Utilizzando bottiglie di Heineken raccolte nei cosiddetti “punti caldi” di vetro rotto, i designer hanno creato una collezione unica: 3.000 anelli, 3.000 medaglioni, set da tavola e una lampada a sospensione ispirata al luppolo, mantenendo intatto il caratteristico colore verde delle bottiglie. Tutti i pezzi sono stati realizzati a mano, grazie alla partnership con la rinomata fabbrica Ngwenya Glass in Eswatini, famosa per la sua maestria nell’artigianato del vetro.

Con questo progetto, Heineken ha voluto non solo ridurre i rifiuti e l’impatto ambientale, ma anche lanciare un messaggio forte sulla sostenibilità. Il progetto si è affiancato al lancio delle bottiglie a rendere in Sudafrica, mostrando come design ed ecologia possano convivere armoniosamente. Parallelamente, l’azienda ha istituito le “Green Zones” in città come Città del Capo, Johannesburg, Pretoria e Durban: spazi di oltre 5.000 metri quadrati trasformati in oasi verdi con piante autoctone, orti e installazioni artistiche, promuovendo biodiversità e benessere urbano.

Waste to Wear ha riscosso successo a livello internazionale, ottenendo il bronzo ai New York Festivals Advertising Awards 2024. Questo riconoscimento non ha solo premiato l’estetica del progetto, ma anche il suo impatto nel promuovere il riciclo e il design sostenibile. Heineken ha dimostrato che ciò che sembra destinato alla discarica può invece diventare un’opportunità per creare oggetti di valore, unendo innovazione, bellezza e rispetto per l’ambiente.

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