Dialoghi Digitali Felici: L'Arte della conciliazione online con il filosofo Bruno Mastroianni. Un viaggio tra comunicazione, haters e pacificazione dei conflitti sui Social.

Bruno Mastroianni, filosofo contemporaneo, insegnante universitario, giornalista, scrittore e social media strategist in Rai, è un esperto nell'arte della comunicazione online e nella gestione delle crisi. Abbiamo avuto il piacere di intervistarlo, offrendo uno sguardo unico sulle interazioni digitali odierne. Insieme a lui esploreremo le dinamiche e le tensioni dei conflitti online e come queste possano essere efficacemente gestite, approfondendo le opportunità e le sfide del dialogo digitale. Buona lettura!

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29 Settembre, 2023

Ciao Bruno, è un piacere averti qui, specialmente considerando il tuo recente legame con la città di Padova, essendoti stato conferito una docenza a incarico presso una delle nostre prestigiose università. Ti siamo sinceramente grati per aver accettato il nostro invito a questo dialogo.

Per iniziare, saremmo curiosi di scoprire più a fondo il viaggio intellettuale e le ragioni che ti hanno condotto a diventare un esperto in comunicazione digitale, con un particolare interesse per la risoluzione dei conflitti online. Potresti svelarci i meccanismi e le motivazioni dietro questa tua scelta specialistica?

Il mio percorso è stato un viaggio spontaneo, guidato da un innato amore per la filosofia e la tecnologia che ho coltivato fin da ragazzo. La connessione a internet che all’epoca era piuttosto macchinosa e rudimentale suscitava in me lo stesso interesse delle sfumature dialettiche e retoriche della filosofia. Queste due passioni, progressivamente, si sono fuse, evolvendosi man mano che la tecnologia della comunicazione avanzava, evidenziando le sfide dei dialoghi e dei conflitti online. Ogni passo, ogni scelta, non è stata il risultato di un deliberato processo decisionale, quindi, ma l’evoluzione naturale di un percorso di scoperte, intriso di curiosità nell’esplorare le interazioni tra esseri umani e l’innovazione tecnologica.

Gestire gli haters sulle pagine social aziendali

Viviamo in un’era in cui la presenza digitale è imperativa per le aziende e, con essa, la necessità di gestire interazioni complesse, come quelle con gli haters. Potresti condividere le tue strategie e approcci consigliati per navigare con saggezza ed efficacia tra questi “incontri difficili” sui canali social aziendali?

La gestione degli haters, soprattutto in ambito digitale, necessita di una comprensione chiara e distinta di cosa o chi definiamo come ‘hater’. Se con ‘hater’ ci riferiamo a comportamenti che si manifestano attraverso espressioni di odio e violenza verbale, la soluzione più sagace è evitare di alimentare tali comportamenti, ignorandoli e scongiurando ogni forma di interazione distruttiva. In situazioni del genere, non vi è alcuna costruttività o beneficio reciproco.

Se, invece, ci riferiamo a situazioni di tensione e aggressività che possono emergere durante conversazioni apparentemente normali tra utenti, è di fondamentale importanza non classificare ogni disaccordo o critica come manifestazione di odio. Occorre affinare la propria capacità di discernimento, per distinguere quelle critiche e anche delle polemiche dure, in qualcosa da cui trarre dei significati. Non tutto ciò che contiene parole scomposte è da buttare.

Il dissenso, se gestito correttamente, può rivelarsi un tesoro di opportunità di crescita, a differenza dell’odio fine a sé stesso che ha come effetto la perdita di significato. A volte, potremmo non essere sufficientemente preparati o abili nel riconoscere queste differenze vitali. Riassumendo, l’odio non porta che a ulteriore odio, mentre un dissenso gestito con saggezza può trasformarsi in fonte di conoscenza, evoluzione, consapevolezza e, in alcuni casi, può persino ispirare nuovi orizzonti e prospettive.

Dal Conflitto alla “Disputa Felice”: il metodo

Abbiamo osservato con curiosità il tuo percorso professionale e il tuo approccio unico alle sfide delle conversazioni online. Nel tuo penetrante romanzo “La Disputa Felice”, analizzi con acume le dinamiche del dialogo online. Potresti spiegarci come è possibile mutare una conversazione online da conflittuale a costruttiva e fruttuosa?

Intanto per un me dialogo conflittuale non è qualcosa di negativo. A patto che sia un vero conflitto, in cui le differenze si articolano e si confrontano, e non una guerra in cui l’unico obiettivo è l’eliminazione dell’altro anche se a parole. Anzi direi di più: sai che noia se avessimo solo discussioni costruttive? Sarebbe una di quelle distopie in cui è stata menomata la libertà delle persone. Finché c’è conflitto, dissenso, obiezioni e differenze, c’è libertà e speranza. Il punto è accettare la sfida di stare sugli argomenti e saper sostenere il proprio punto di vista senza cedere ad attacchi soggettivi, all’indignazione o ai travisamenti volontari. Per dare uno spunto concretissimo per ciascuno di noi: riesci a dire quanto non sei d’accordo con un’altra persona senza fare alcun riferimento personale a lei? Senza usare principi o giudizi generici né modificando le sue parole? Per farlo devi avere ragioni, motivi e prove. Chi ha questi sa discutere con chiunque. Chi ne ha pochi attacca. Questa è una prima strada per controllare la qualità delle nostre interazioni critiche.

Aumento degli scontri sui social

In base alla tua esperienza, hai notato un aumento di scontri sulle pagine social in questi ultimi tempi? Se sì, di che percentuali di scontro stiamo parlando rispetto a un tempo, e da cosa può essere influenzato questo fenomeno?

Non direi un aumento di scontri, casomai una sempre maggiore tendenza alla convergenza attorno a pochi, spesso futili, temi di scontro occasionali e in tendenza. Intendiamoci, le polemiche in trend ci sono sempre state, ma con il tempo stanno riducendo la ricchezza del dissenso che un tempo era variegato, particolareggiato e molto più disseminato su diversi temi a seconda dei luoghi della rete. Oggi se si discute della pesca di Esselunga si trovano discussioni simili ripetute un po’ ovunque. La dinamica non nasce dalle discussioni in sé, ma dalla tendenza dei creator a convergere sui temi che vanno “per la maggiore”. Le interazioni critiche tendono ad appiattirsi su quelle. In qualche modo è un impoverimento delle possibilità creative del dissenso.

Ragioni della Tensione Online

Considerando il tuo ampio studio e la tua analisi approfondita, quali credi siano gli elementi o le dinamiche fondamentali che innescano tensioni e dissidi nel panorama digitale? Potresti anche illustrare come tali fattori possano manifestare impatti variabili a seconda dello specifico ambiente online in cui si sviluppano?

Al cuore delle tensioni online troviamo frequentemente il fenomeno della polarizzazione. Molti produttori di contenuti hanno riconosciuto che assumere posizioni decisive e polarizzate genera rapidamente risposte e interazioni. La polarizzazione rappresenta un mezzo per ottenere engagement a basso costo su qualsiasi tema; è meno onerosa in termini di creatività, risorse e impegno. Tuttavia, le conversazioni che ne emergono spesso riflettono questa stessa ‘economicità’, risultando effimere, superficiali e limitate, nel loro raggio d’azione. Si passa rapidamente da un argomento all’altro, senza lasciare il tempo di approfondire. “Engagement un tanto al chilo” lo potremmo chiamare, che poi lascia a desiderare come effetti a lungo termine sulla reputazione o sulla costruzione di legami significativi. Chi si dedica invece alla costruzione di community forti ha una resa molto più concreta nella vita delle persone. È una questione di ottica: se interessano solo le metriche quantitative, si tenderà a generare queste fiammate polarizzate senza pensare a ciò che sta dietro e dentro le interazioni umane.

Rimozione dei Commenti Negativi

Alcune aziende preferiscono rimuovere i commenti negativi anziché discutere con gli utenti. Cosa ne pensi di questa posizione e quali alternative consigli?

Se prendiamo come negativo tutto ciò che è dissenso, è una strategia rovinosa. Il dissenso e le obiezioni sono “oro” per aziende e creator. Sono la cartina di tornasole della salute delle community che si stanno costruendo e anche un bagaglio strategico per capire come correggere il tiro, migliorare prodotti e servizi che si offrono. La salute di una community si misura dalla capacità di considerare le differenze e le rimostranze che emergono, per affrontarle. Da queste passa l’evoluzione di brand, aziende e organizzazioni. Andare sui social per ascoltare solo elogi o commenti innocui è perdere un’occasione.

“Litigando si Impara”

Il tuo seminario, “Litigando si Impara”, offerto presso la Scuola Holden, ci sembra assai stimolante, e non esitiamo a raccomandarlo ai nostri lettori. Potresti illustrarci tre esemplificazioni concrete di tattiche proficue da adottare durante un dibattito animato in rete?”

Tre cose da evitare in prima persona e da lasciar cadere quando ne siamo vittima: gli attacchi personali, i giudizi sprezzanti e i fraintendimenti intenzionali. Queste tre “mosse” sono quelle tipiche e più ricorrenti nel far scattare un litigio o uno scontro. Andare sul personale vuol dire abbandonare il tema su cui si sta discutendo e lanciare un’accusa alla persona e non alle sue idee. I giudizi sprezzanti sono quelli formulati senza le ragioni che li sostengono. Ad esempio dire “non sei convincente” è un giudizio sprezzante. Dire invece “il tuo discorso non mi convince perché…” è prendersi la briga di motivare l’obiezione e può risanare una discussione. Infine, i fraintendimenti volontari: sono quelle situazioni in cui intenzionalmente interpretiamo al peggio le parole altrui per farle apparire più inaccettabili. Rispettare invece ciò che dice l’altro e interpretarlo al meglio è un’altra delle modalità che riparano alcuni difetti delle nostre interazioni. Su questo c’è una cartina di tornasole infallibile: il “fraintenditore intenzionale” non fa mai domande. Chi invece non è certo di aver capito bene di solito chiede e lascia all’altro la possibilità di spiegarsi. Quante domande faccio in una discussione? Potrebbe essere un buon esame delle proprie conversazioni.

Gestione della Reputazione Online

La reputazione online è diventata essenziale nella società digitale attuale. Esiste secondo te un equilibrio tra partecipazione alle discussioni e mantenimento di una buona reputazione online, e come si può raggiungere tale equilibrio?

Darei tre consigli semplici e subito applicabili. Chiedersi se si è l’interlocutore giusto per intervenire sul tema. Chiedersi se si ha l’esperienza sufficiente e la preparazione minima per intervenire. Infine chiedersi se si ha oggettivamente il tempo di seguire lo sviluppo della discussione. Sono tre domande semplici che però dimentichiamo di porci. Quando non ce le facciamo finisce che interveniamo laddove non eravamo titolati, non sufficientemente preparati e dove magari abbiamo avviato una discussione, ma poi siamo spariti per mancanza di tempo ed energie. Da qui un danno alla nostra reputazione: lasciamo in chi ci legge la sensazione di essere impulsivi, qualunquisti, poco affidabili.

Libertà di espressione nell’Era Digitale

Potresti esporci le tue riflessioni e analisi relative alla libertà di espressione nell’odierna era digitale, contraddistinta da un’incursione senza precedenti della tecnologia? Saremmo particolarmente interessati ad approfondire come percepisci l’evoluzione del concetto di libertà di espressione nell’era dell’‘Homo Sapiens Smartphonicus’, espressione da te coniata per simboleggiare la nostra intensa interazione con le tecnologie digitali.

La libertà di espressione in uno scenario iperconnesso va intesa in senso sempre più relazionale e sempre meno individualistico. Farei un parallelo con la libertà di movimento: se ci pensiamo bene, nella società avanzata siamo liberi di muoverci perché abbiamo il resto della civiltà attorno a noi. Se non ci fossero strade, pompe di benzina, rotaie, treni, ecc. non saremmo affatto liberi di muoverci. Saremmo vincolati e in difficoltà. Dovremmo farci strada tra boschi, montagne insormontabili, laghi, fiumi. La nostra capacità di movimento sarebbe limitatissima. La libertà di espressione funziona in modo analogo: richiede un ambiente circostante in cui sia strutturata, organizzata e facilitata. Queste strade, stazioni di servizio, rotaie e treni della comunicazione sono ancora molto da migliorare, soprattutto perché andrebbero adeguati alla velocità e alla pervasività della comunicazione. Detta in modo semplice: c’è libertà di espressione dove c’è responsabilità d’espressione e collaborazione tra esseri umani affinché ciascuno possa esprimersi. L’alternativa è la legge di chi la spara più forte, che purtroppo è ciò che spesso vediamo accadere nelle interazioni digitali non ancora ben civilizzate.

La figura dell’Hater

L’emergere degli “haters” è un fenomeno particolarmente interessante e complesso del panorama digitale contemporaneo. Potresti condividere con noi la tua analisi su chi siano realmente questi “haters”? Rappresentano un sottoinsieme distinto di individui o esiste in ognuno di noi la potenzialità per manifestare comportamenti da hater sotto determinate circostanze?

A me non piace parlare di hater perché la trovo un’etichetta e una categorizzazione che attribuisce una caratteristica stabile alle persone. L’odio invece è un comportamento, non una sostanza esistenziale. Questo vuol dire che chi odia oggi, può smettere di farlo domani, e ciò dimostra che nessuno è di per sé odiatore. Ma vale anche il contrario: il più gentile può odiare e fare atti di aggressione. Insomma non parlerei di hater, ma vedrei che le persone di volta in volta usano bene o male la loro libertà di espressione. La trovo una prospettiva più adatta a mostrarci il fenomeno.

Impatto dell’Intelligenza Artificiale

Qual è il tuo parere sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nella gestione delle interazioni online e delle pagine social? Credi che possa essere un asset o un rischio per le aziende?

L’intelligenza artificiale permetterà di poter gestire quantità enormi di interazioni al posto nostro. Ma va ben visto cosa vuol dire quel “al posto nostro”. Se si tratterà di risparmiare la parte quantitativa, quella fatta del faticoso lavoro di lettura di ogni commento per poter avere un una visione più accurata di cosa ci stanno dicendo utenti e follower, sarà una grande occasione. Perché aumenterà sostanzialmente la capacità di ascolto. Se invece si seguirà la strada della scorciatoia, per automatizzare e ottimizzare risposte artificiali, questo porterà a cedere all’AI anche la parte qualitativa, quella che fa la differenza nelle relazioni. La fatica del tempo delle attività ripetitive può essere lasciata all’IA, ma l’energia e il tempo da dedicare alle persone li terrei sempre sulle nostre spalle umane.

Misurazione dell’effetto delle Interazioni

Come suggerisci di misurare l’impatto e l’efficacia delle interazioni sui social media? Quali metriche consideri più rilevanti?

Like, condivisioni e numero di commenti di per sé dicono poco e niente. O meglio danno la misura quantitativa di quanto si riesce a smuovere le acque. Il fatto è che sono azioni semplici che spesso le persone compiono distrattamente, senza metterci davvero impegno. Quello che si dovrebbe misurare è invece quanto i nostri contenuti attivano gli esseri umani che sono dall’altra parte. La misurazione di questo effetto non solo è molto più complessa e a lungo termine, ma va ben oltre ciò che si vede sui social.

Influenza dei Social Media sulle Decisioni Aziendali

Credi che i feedback e le opinioni raccolte sui social media debbano influenzare le decisioni aziendali e la strategia di prodotto/servizio? In che misura?

In misura totale. Ormai quando si studiano le crisi, si nota che le primissime avvisaglie erano già arrivate sui social. È una questione di prevenzione: un disservizio che diventa un disastro per la reputazione spesso si può intercettare in tempo proprio nelle interazioni con gli utenti. Per non parlare dell’ispirazione per le strategie di comunicazione: il dissenso, le rimostranze, le obiezioni degli utenti sono spesso una guida sicura per capire dove sono i propri buchi di comunicazione. Trascurare tutto questo, inserendolo nella generica categoria degli hater, è uno spreco. I commenti vanno letti con grande attenzione.

Concludendo questa appassionante intervista con Bruno Mastroianni, filosofo e luminare della comunicazione digitale, è chiaro che il mondo online è un terreno fertile sia per la discordia sia per la conciliazione. Bruno, con il suo acume e la sua vasta conoscenza, ci ha guidato attraverso i meandri delle interazioni digitali, evidenziando la delicatezza richiesta nel trattare i conflitti online. Ha saputo delineare la differenza sottile ma fondamentale tra dissenso costruttivo e odio distruttivo, sottolineando come, se gestito con saggezza, il primo possa aprire le porte a nuove scoperte e evoluzioni. Grazie, Bruno, per averci aperto gli occhi sulla potenzialità trasformativa della comunicazione digitale.

Bruno Mastroianni. Filosofo, giornalista, collabora come social media strategist per trasmissioni tv e iniziative culturali. Si occupa di discussioni online, conflitti e comunicazione di crisi (www.brunomastro.it). Docente incaricato di Teoria e pratica dell’argomentazione digitale presso l’Università di Padova. Ha scritto: “Storia sentimentale del telefono. Uno straordinario viaggio da Meucci all’Homo smartphonicus” (Il Saggiatore, 2022); “Litigando si impara. Disinnescare l’odio online con la disputa felice” (Cesati, 2020); “Tienilo acceso. Posta, commenta, condividi senza spegnere il cervello” (con Vera Gheno, Longanesi 2018); “La disputa felice. Dissentire senza litigare sui social network, sui media e in pubblico” (Cesati, 2017).