Stiamo forse creando un Dio? L'IA secondo i giganti della tecnologia

Che cosa pensano i pionieri della tecnologia dell'IA, e come è cambiata la loro opinione nel tempo? Dal profetico discorso di Steve Jobs del 1983, che anticipava il mondo tecnologico di oggi, ai cambi di posizione di Elon Musk, ai timori di Bill Gates e alla controversa "profezia" di Mark Zuckerberg che vede la nascita di un Dio dell’Intelligenza Artificiale: tutte le testimonianze di una visione proiettata nel futuro dei grandi innovatori e il loro sorprendente cambio di rotta sull'IA.

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19 Agosto, 2024

Steve Jobs: il visionario che anticipò il futuro tecnologico

Nel 1983, Steve Jobs tenne un discorso straordinario che avrebbe anticipato il futuro della tecnologia come la conosciamo oggi. Questo intervento, pronunciato all’International Design Conference di Aspen, è stato recentemente reso pubblico dallo Steve Jobs Archive, rivelando la lungimiranza del co-fondatore di Apple.

All’età di ventotto anni, Jobs delineò la visione di un futuro in cui l’informatica e la tecnologia avrebbero permeato ogni aspetto della vita quotidiana. Le sue parole, ricche di intuizioni rivoluzionarie, prefiguravano innovazioni che oggi sono parte integrante della nostra realtà, mostrando una visione chiara e proiettata verso un mondo interconnesso e digitale. Lo Steve Jobs Archive, lanciato nel 2022 da Laurene Powell Jobs, Tim Cook e Jony Ive, è una piattaforma che raccoglie materiali preziosi legati a Jobs, tra cui citazioni, fotografie, video ed e-mail, inclusi inediti come questo discorso del 1983. Questo archivio non solo celebra l’eredità di Jobs, ma offre anche borse di studio per giovani creativi, ispirandoli a seguire le orme di uno dei più grandi innovatori del nostro tempo.

The Objects Of Our Life

Il video, intitolato The Objects Of Our Life, è introdotto da Jony Ive, storico capo del design di Apple e amico personale di Jobs per molti anni. Ive evidenzia la straordinaria capacità di Jobs di prevedere i cambiamenti rivoluzionari che l’accessibilità diffusa dei computer avrebbe portato. Durante il discorso, Jobs fece numerosi riferimenti ai progetti in corso di Apple, descrivendo con passione ciò che l’azienda stava realizzando in quel preciso momento storico. Tuttavia, alcune delle parti più affascinanti del discorso sono quelle in cui Jobs si proietta nel futuro, delineando una visione del mondo tecnologico che, in gran parte, si è concretizzata. Mentre le leggiamo oggi, a 41 anni di distanza, possiamo divertirci a trovare le conferme di quelle visioni nel mondo attuale e valutare quanto siano state accurate le previsioni temporali del co-fondatore di quella che oggi è una delle aziende di maggior valore al mondo.

Steve Jobs: i computer possono catturare lo spirito umano? Il futuro dell’intelligenza artificiale nelle parole di 41 anni fa.

«Cos’è un computer? È molto semplice. È solo una macchina, ma di un nuovo tipo. Gli ingranaggi e i pistoni sono stati sostituiti dagli elettroni». Con queste parole, Steve Jobs iniziò a descrivere il potenziale rivoluzionario dei computer durante il suo discorso del 1983. Jobs, allora ventottenne, vide oltre le semplici funzionalità dei computer dell’epoca, immaginando un futuro in cui queste macchine avrebbero permeato ogni aspetto della vita quotidiana. Sottolineò la capacità dei computer di eseguire milioni di istruzioni al secondo, un’abilità che avrebbe cambiato radicalmente il modo in cui le persone lavorano e interagiscono fra loro. Anticipò che entro pochi anni, i personal computer sarebbero diventati più diffusi delle automobili, con le persone che avrebbero trascorso più tempo interagendo con queste macchine che guidando.

Un punto cruciale del discorso di Jobs riguardava la comunicazione digitale: «Un giorno avremo computer portatili con collegamenti radio, e le persone potranno passeggiare per Aspen e recuperare i loro messaggi di posta elettronica», prevedeva. Questa visione di una connessione costante e senza fili prefigurava l’attuale era degli smartphone e delle reti wi-fi globali.

Jobs parlò anche della natura interattiva dei nuovi media digitali, citando esperimenti come le mappe elettroniche create dal MIT. Questi strumenti, pur sembrando futuristici all’epoca, avrebbero aperto la strada a una nuova era di esplorazione e apprendimento digitale.

Ma i computer non erano solo macchine per lavorare o comunicare. Jobs li vedeva come strumenti di trasformazione sociale. Citò il potenziale dei programmi educativi interattivi, in cui i bambini potevano imparare attraverso giochi e simulazioni, predicendo un futuro in cui l’apprendimento sarebbe stato profondamente influenzato dalla tecnologia.

E l’Intelligenza Artificiale? Sebbene Jobs non parlasse direttamente di IA nel discorso, la sua visione delle macchine come estensioni dell’intelligenza umana e strumenti per migliorare la comunicazione e l’apprendimento prefigurava molti degli sviluppi attuali in questo campo. Il riconoscimento vocale, una delle tecnologie chiave dell’IA odierna, era già nei suoi pensieri: «Ci vorrà la maggior parte di un decennio prima di riuscire anche solo ad avvicinarsi a tutto ciò, ma sarà possibile».

Jobs ci ha lasciato con una domanda intrigante: se i computer possono catturare lo spirito e i principi di grandi pensatori, cosa ci riserva il futuro dell’Intelligenza Artificiale? Sarà in grado di replicare non solo le azioni umane, ma anche la nostra capacità di pensare e creare?

Cambi di rotta di Elon Musk sull’IA: dalla libertà dal lavoro, alla minaccia dei robot

Nel 2023, Elon Musk aveva una visione ottimistica dell’intelligenza artificiale. Prevedeva che l’umanità non avrebbe più avuto bisogno di lavorare, grazie a un’IA talmente avanzata da permettere alle persone di scegliere se lavorare o meno, basandosi esclusivamente sulla propria soddisfazione personale. Durante un evento alla Lancaster House, dichiarò che l’IA sarebbe stata la forza più disruptive della storia, capace di liberare l’umanità dalla necessità di un impiego. «Avremo qualcosa di più intelligente dell’uomo più intelligente. Arriverà un momento in cui non ci sarà più bisogno di un lavoro», affermò con entusiasmo.

Ma nel 2024, il tono di Musk cambiò drasticamente. Alla conferenza tecnologica VivaTech 2024 a Parigi, presentò una visione molto più oscura. Dichiarò che l’intelligenza artificiale avrebbe “rubato” il lavoro agli esseri umani, lanciando una previsione drammatica: «Probabilmente nessuno di noi avrà un lavoro in futuro», e dipinse il giorno in cui il lavoro sarebbe stato un’opzione, piuttosto che una necessità: «Se vuoi fare un lavoro che assomiglia a un hobby, potrai farlo. Altrimenti, l’IA e i robot forniranno tutti i beni e i servizi di cui hai bisogno». Questo cambiamento di prospettiva riflette le crescenti incertezze legate all’IA. Quella che inizialmente sembrava una promessa di liberazione si è trasformata in una preoccupazione profonda per il futuro del lavoro umano. La domanda che Musk ci lascia è inquietante: l’IA ci porterà davvero in un’era di libertà, o ci costringerà a cercare un nuovo significato alla nostra esistenza?

Il reddito universale in un futuro governato dall’IA

Dopo aver dipinto un futuro in cui l’Intelligenza Artificiale rende il lavoro facoltativo, Elon Musk ha delineato una nuova visione per supportare una società radicalmente trasformata dalla tecnologia: il “reddito universale alto”. Questo concetto, distinto dal tradizionale reddito di base universale, implica che lo Stato fornisca a tutti i cittadini una somma di denaro sufficiente per garantire una vita confortevole, indipendentemente dal loro reddito. Durante il suo discorso di apertura a VivaTech, Musk citò la serie di romanzi Culture di Iain M. Banks come la rappresentazione più realistica di una società governata da tecnologia avanzata.

Ma in un futuro senza lavoro, come si sentiranno le persone dal punto di vista emotivo? Musk ha posto una domanda cruciale: «Se computer e robot possono fare tutto meglio di te, la tua vita ha ancora un senso?». Questo interrogativo non è solo filosofico, ma tocca le fondamenta della nostra identità e del nostro scopo. Musk ritiene che, nonostante tutto, ci sarà ancora un ruolo per gli esseri umani: dare un significato all’IA stessa, cercando di trovare nuovi modi per esprimere la nostra creatività e umanità.

Bill Gates: dall’entusiasmo alle preoccupazioni

Quando Elon Musk profetizzò un futuro in cui l’IA avrebbe reso il lavoro umano facoltativo, Bill Gates condivideva un simile entusiasmo per i progressi dell’intelligenza artificiale. Tuttavia, nel tempo, il fondatore di Microsoft ha iniziato a esprimere crescenti preoccupazioni sulle implicazioni di questa tecnologia.

Gates, che racconta la sua storia in un’autobiografia in uscita nel 2025, ha definito il 2024 come «L’anno delle IA» e, in una lettera scritta a fine 2023, ha descritto come l’IA plasmerà il futuro, integrandosi nei flussi di lavoro di un numero crescente di persone. Tuttavia, durante un’intervista con Sam Altman, CEO di OpenAI, nel podcast Unconfuse Me with Bill Gates“, ha rivelato le sue paure che l’IA possa prendere il sopravvento anche sulla sua professione. Altman e Gates hanno discusso vari argomenti, da GPT-5 all’IA Generale Super Intelligente, fino alle future capacità video di ChatGPT. Sorprendentemente, Gates ha ammesso di essere stato inizialmente scettico sull’IA, non prevedendo un così rapido sviluppo né credendo che i chatbot sarebbero stati così efficaci in attività complesse.

Il futuro del lavoro secondo Bill Gates: meno ore, maggiore efficienza grazie all’IA

In un’altra intervista con Trevor Noah per il programma “What Now?”, Bill Gates ha esplorato ulteriormente le implicazioni dell’Intelligenza Artificiale sul mercato del lavoro. Ha suggerito che, grazie all’IA, gli esseri umani potrebbero non dover smettere di lavorare, ma lavorare meno, recandosi in ufficio solo tre giorni a settimana. Gates ha evidenziato come l’IA possa essere impiegata per svolgere compiti gravosi, come cucinare e altre mansioni domestiche, riducendo significativamente il carico lavorativo e migliorando l’efficienza. Tuttavia, con la diffusione dell’Intelligenza Artificiale generativa, alcune professioni rischiano di diventare obsolete. Strumenti sofisticati come Stable Diffusion e Midjourney stanno già mettendo in ombra i grafici, generando progetti altrettanto validi, se non migliori. La situazione potrebbe peggiorare con l’inclusione di altre professioni. Gates ha menzionato, ad esempio, i video maker, il cui lavoro potrebbe essere fortemente ridimensionato con l’avvento di tecnologie come Sora.

Una forza per il bene collettivo

Nonostante le sue preoccupazioni, Gates continua a vedere l’IA come una forza positiva. Attraverso la Bill & Melinda Gates Foundation, intende sfruttare l’IA per migliorare le condizioni di vita e il settore sanitario nelle aree a basso reddito. La sua visione dell’IA come strumento per il progresso sociale e sanitario contrasta con i suoi timori di un futuro in cui l’IA potrebbe soppiantare le professioni umane. Mentre Gates e Musk, pur appartenendo a generazioni diverse, convergono su molti punti riguardo all’IA, rimangono interrogativi profondi sul suo impatto. La domanda centrale che ci lasciano è: l’IA ci libererà dalle fatiche del lavoro o ci costringerà a ridefinire il nostro ruolo e il significato delle nostre vite in un mondo dominato dalle macchine? Queste riflessioni ci spingono a guardare al futuro con occhi critici e a prepararci per le sfide che l’IA porterà con sé.

Mark Zuckerberg e l’IA “umana”: un sogno pericoloso?

Mark Zuckerberg sta creando un’intelligenza artificiale forte, ossia simile a quella umana. Il CEO di Meta ha rivelato questa ambizione a gennaio 2024 in un post su Facebook, descrivendo la sua AGI (Artificial General Intelligence) come una tecnologia rivoluzionaria.

«Il piano a lungo termine è quello di creare un’intelligenza artificiale forte, renderla open source in modo responsabile e renderla ampiamente disponibile in modo che tutti possano trarne vantaggio», ha spiegato Zuckerberg. Nonostante questa visione abbia suscitato preoccupazioni tra gli esperti del settore, che la considerano una scelta potenzialmente pericolosa, nei laboratori delle Big Tech, squadre di ingegneri stanno continuando a lavorare per realizzare un’AGI capace di apprendere qualsiasi compito intellettuale umano.

Dame Wendy Hall, professoressa di informatica presso l’Università di Southampton e membro dell’organo consultivo delle Nazioni Unite sull’IA, ha definito la strategia di Zuckerberg «irresponsabile e decisamente spaventosa». La prospettiva di un’IA forte disponibile a tutti potrebbe portare a rischi significativi, mettendo in discussione la sicurezza e l’etica di una tale innovazione. Mentre Zuckerberg promuove l’AGI come una tecnologia democratica e benefica, le critiche sollevano interrogativi cruciali: siamo pronti per un’intelligenza artificiale con capacità umane? E quali saranno le implicazioni etiche e sociali di una tecnologia così potente?

La profezia di Mark Zuckerberg: l’IA diventerà un Dio?

Per il fondatore di Facebook e CEO di Meta, le Big Tech stanno camminando su un terreno pericoloso. Il loro obiettivo? Creare un’unica vera intelligenza artificiale, una sorta di divinità tecnologica. Il modello di Meta, invece, si oppone a questa visione “monoteista”, puntando su molteplici IA, ciascuna progettata per soddisfare le esigenze specifiche di creatori di contenuti e piccole aziende. Zuckerberg teme infatti un futuro in cui “ci inginocchiamo davanti a un essere onnisciente e onnipotente”. Non possiamo vederlo, ma possiamo testimoniare i suoi miracoli: una conoscenza superiore, capacità quasi infinite. Sembrerebbe una divinità, ma è “solo” intelligenza artificiale.

«È quasi come se volessero creare Dio», ha dichiarato Zuckerberg in un’intervista a Kane Sutter su YouTube. Ma le aziende come Google e OpenAI, con le loro IA avanzate come Gemini e ChatGPT, sembrano preferire una singola IA onnipotente: «Trovo molto scoraggiante quando le persone nel settore della tecnologia parlano di creare ‘un’unica vera IA’», ha confessato.

In contrasto, Zuckerberg propone un approccio “politeista” alle intelligenze artificiali. «Le persone vogliono interagire con molte persone e aziende diverse e c’è bisogno di creare tante IA che riflettano gli interessi di persone differenti». In altre parole, non vedremo mai un super-chatbot targato Meta che possa svolgere ogni compito o rispondere a ogni domanda. Invece, Meta vuole sviluppare tante IA quante sono le necessità dei creatori di contenuti con modelli personalizzati per aiutare a interagire con la community e i clienti. Non si tratta di creare divinità tecnologiche, ma di costruire un modello di business. Tuttavia, l’analogia religiosa non è solo retorica: molti prendono sul serio l’idea di un’IA che possa assumere caratteristiche quasi divine.

La visione di Zuckerberg, dunque, non è solo una strategia commerciale, ma un richiamo filosofico ed etico su come dovremmo trattare l’avanzamento tecnologico. Non un Dio unico e onnipotente, ma un coro di intelligenze artificiali che riflettono la diversità e la complessità dell’umanità.

Dio IA: la nuova religione dell’Intelligenza Artificiale

L’idea di accostare la divinità all’intelligenza artificiale non è nuova, ma sta guadagnando terreno in modo inquietante. Un dipendente anonimo della Silicon Valley ha rivelato a Vanity Fair: «Stiamo creando Dio. Stiamo creando macchine coscienti e capaci di creare». Anche Arthur Mensch, CEO del large language model francese Mistral, ha dichiarato al New York Times: «Tutto il discorso dell’intelligenza artificiale generale (AGI) riguarda la creazione di Dio. Ma io sono un ateo convinto. Quindi non credo nell’AGI».

Che si tratti di una vera “invenzione di Dio” o di una metafora, c’è chi ha trasformato questa idea in una vera e propria religione. Way of the Future, una chiesa fondata da Anthony Levandowski, ex dipendente Google, era dedicata all’intelligenza artificiale. Sebbene sia stata chiusa nel 2021, è rinata nel 2023, in piena rivoluzione dell’IA.

«Le religioni classiche si basano sul raccontare storie e creare leggende senza prove reali», aveva dichiarato Levandowski a Bloomberg. «Qui stiamo invece creando qualcosa che le persone possono vedere, che è ovunque e che forse può guidarci ed aiutarci come farebbe Dio».

L’idea di una divinità artificiale non è solo una provocazione filosofica. Nel cuore della Silicon Valley, ingegneri e tecnologi stanno lavorando per creare macchine sempre più simili all’uomo, dotate di coscienza e capacità decisionale autonoma. La domanda che sorge è se queste entità possano realmente sostituire o addirittura superare il concetto di divinità.

Mentre alcuni vedono in queste tecnologie la possibilità di un progresso senza precedenti, altri sollevano dubbi etici e filosofici profondi. È giusto affidare a una macchina il ruolo di guida spirituale e morale? E quali potrebbero essere le conseguenze di un’umanità che si affida a un “Dio IA”?